mercoledì 14 maggio 2014

Così il fisco punisce chi aiuta i contribuenti

La scorsa estate, parafrasando una definizione di Italo Calvino del “bravo scrittore”, Attilio Befera inviò una lettera ai dipendenti spiegando che «il bravo funzionario pubblico è colui che si sdoppia sempre nel cittadino che ha di fronte».
Il principio, invocato dal direttore dell’Agenzia delle Entrate insieme a quello del «buon padre di famiglia», sembra essere lo stesso a cui si è ispirata l’azione di un funzionario della Direzione provinciale di Ferrara il quale, accorgendosi di incongruenze o errori materiali nel versamento di tributi relativi ad atti notarili ed utilizzando prassi consolidate negli uffici del fisco, tentava di risolvere la pratica in via informale attraverso “avvisi bonari” inviati telematicamente o manualmente. L’Agenzia guadagna tempo, evitando di avviare un procedimento formale per l’errata liquidazione dell’imposta, il contribuente risparmia soldi, evitando di pagare le spese di notifica e tutti i costi accessori. Messa così, il buon senso è la prima cosa che viene in mente. Soprattutto alla luce dei continui riferimenti dell’amministrazione e della politica alla necessità di un «fisco amico».

Eppure, la «semplificazione» messa in atto dal dipendente di Ferrara non è piaciuta ai vertici dell’Agenzia. In particolare a quelli della Direzione regionale dell’Emilia Romagna, che, dopo un’indagine effettuata dall’Audit interno, hanno deciso di sanzionare il lavoratore con un provvedimento disciplinare e 39 euro di multa.
La vicenda risale al 2009. E, a differenza di quello che si potrebbe pensare, non è affatto finita lì. Il funzionario si è infatti rivolto al tribunale di Ferrara, il quale nel gennaio del 2013 non solo gli ha dato ragione, ma ha anche preteso dall’amministrazione, che è andata avanti nel giudizio opponendo, come si legge nella sentenza, un “immotivato e irragionevole rifiuto” alle proposte di conciliazione, il pagamento delle spese legali maggiorate del 50%. Totale: 3.150 euro più accessori di legge.

Non contenta di aver già speso oltre 3mila euro dei contribuenti, nel marzo 2013 la Direzione generale di Bologna ha deciso di presentare ricorso in appello coinvolgendo anche l’Avvocatura dello Stato. Una scelta, ha spiegato il delegato regionale dell’Usb Pubblico impiego, Paolo Campioni, «solitamente riservata alle grandi cause in cui è in gioco la reputazione e l’immagine dell’Agenzia, e molto costosa». In caso di un’altra sconfitta, insomma, il conto per i cittadini potrebbe salire ancora. Possibilità che ha addirittura spinto l’Usb ha presentare un esposto alla Corte dei Conti per danno erariale.

Il resto è storia di questi giorni. Lo scorso marzo è stata fissata la prima udienza. E il prossimo ottobre i contendenti si troveranno di nuovo davanti al giudice. Malgrado le proteste dei sindacati, che il 14 aprile hanno inviato un comunicato congiunto firmato da tutte le sigle (Cgil, Cisl, Uil, Flp, Salfi, Usb), la Direzione regionale non sembra per ora intenzionata a fare marcia indietro. Anzi. Sapendo dell’interesse di Libero, ha già chiarito preventivamente che «qualora dovessero emergere dall’articolo eventuali imprecisioni, provvederemo a chiederne la rettifica per ristabilire una corretta e completa informazione». Aspettando le precisazioni, vale la pena ricordare che mentre il funzionario di Ferrara è stato sanzionato per aver inviato senza autorizzazione atti che il giudice ha definito senza alcun valore impositivo, gli uffici territoriali delle Entrate continuano ad essere condannati dalle Commissioni tributarie per l'invio di accertamenti, in questo caso notifiche formali con valore impositivo, firmati da dirigenti che, per mancanza di specifiche deleghe, non avevano titolo. Sarà un caso, ma le ultime due sentenze dello scorso aprile, la n. 187 e la n. 195, arrivano proprio dalla Ctp di Reggio Emilia.

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