sabato 10 maggio 2014

Arrestati i fratelli Magnoni: "Truffe a professionisti"

Non solo le responsabilità per «il dissesto» di una holding, attraverso  «episodi distrattivi e dissipatori», ma anche l’utilizzo della società in un «più ampio e consolidato quadro criminale» per arricchirsi attraverso frodi fiscali e soprattutto truffe per un totale di 79 milioni ai danni delle casse previdenziali di giornalisti, medici e ragionieri. Nei giorni in cui le manette sono tornate a tintinnare, ieri mattina in carcere sono finiti pure i tre fratelli Ruggero, Aldo e Giorgio Magnoni, e il figlio di quest'ultimo, Luca. Tutti eredi di una famiglia che ha avuto un ruolo da protagonista in numerose vicende finanziarie degli ultimi cinquant’anni, dalla Banca Privata Italiana di Michele Sindona alla Bpi di Gianpiero Fiorani, dalla scalata a Telecom di Gnutti e Colaninno fino al crac della Lehman Brothers e le disavventure di Mps.

L’inchiesta, coordinata dal pm di Milano Gaetano Ruta ruota intorno al crac della holding Sopaf. Pesanti le accuse, che vanno dalla  bancarotta fraudolenta, all’associazione per delinquere, fino alla truffa aggravata, l’appropriazione indebita, la frode fiscale e il riciclaggio. I fratelli Magnoni avrebbero distratto oltre 100 milioni  dal patrimonio della Sopaf, storica società di intermediazione e amministrazione finanziaria fondata nel capoluogo lombardo nel 1980, poi quotata anche in Borsa e in regime di concordato preventivo dal febbraio 2013. Inoltre i Magnoni, come si legge nelle carte dell’inchiesta, avrebbero realizzato «più truffe ai danni di terzi, sempre connotate da danni patrimoniali di rilevante gravità e, correlativamente, da ingenti guadagni illeciti»: una connessa ad «un investimento immobiliare, ai danni della Cassa di Risparmio di Ferrara, con un illecito guadagno di 17 milioni; più truffe ai danni di enti previdenziali (Enpam e Inpgi)», «con un illecito guadagno pari a 27 milioni».

In più,  «abusando delle disponibilità economiche raccolte nell’ambito della attività di Adenium Sgr spa (interamente controllata da Sopaf), si appropriavano indebitamente della somma di 52 milioni conferita dalla Cassa di Previdenza e Assistenza dei Ragionieri e dei Periti Commerciali, trasferendo le somme sottratte a più riprese, estero su estero, in modo da occultarne la provenienza delittuosa e agevolarne il riciclaggio ed il reimpiego una volta rientrate in Italia». Giorgio Magnoni, 74 anni, figlio di Giuliano che fu socio e consuocero del banchiere  siciliano Sindona, sarebbe stato il «capo» dell’associazione per delinquere, attiva tra il 2005 e il 2013,  mentre il fratello Ruggero, che è stato vice presidente Europa di Lehman Brothers, ha lavorato in Nomura Italia (negli anni dei derivati tossici) e ha partecipato anche alla scalata Telecom, avrebbe collaborato «in particolare nella costruzione di operazioni finanziarie finalizzate al conseguimento di profitti illeciti». Aldo Magnoni, ideatore dell’Oak Fund nella scalata Telecom e, secondo alcune ricostruzioni, gestore dei fondi neri del Pds, era invece «deputato a seguire le operazioni immobiliari». Arrestati  anche Andrea Toschi, che è stato presidente di Arner Bank, Alberto Ciamperoni, ad della società di gestione risparmio Adenium, e Gianluca Selvi, dominus della società Hps.

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