La cura europea per rimettere in ordine i conti pubblici non è stata esattamente salutare. Dal novembre 2011, quando si insediò Mario Monti, a marzo, con l’arrivo di Matteo Renzi, il nostro debito pubblico è salito di circa 207 miliardi. A certificare ieri l’ennesimo record negativo ci ha pensato Bankitalia, che ha registrato il nuovo tetto di 2.120 miliardi, in aumento di 12,8 miliardi dalla rilevazione precedente. Il rosso, in realtà, doveva essere anche peggiore. Come spiegano da Via Nazionale, infatti, «l’incremento del debito è stato inferiore al fabbisogno delle amministrazioni pubbliche (17,8 miliardi)». Ma il decremento delle disponibilità liquide del Tesoro e l’andamento dei titoli di Stato ha permesso di assottigliare le perdite.
Il dato diffuso da Bankitalia conferma le preoccupazioni della Commissione Ue, che nelle recenti preisioni di primavera ha puntato il dito proprio sull’elevatissimo livello del debito. Osservazioni che il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha tentato di minimizzare spiegando che era già noto che «il debito quest’anno sarebbe aumentato e il prossimo sceso». Resta il fatto che l’aumento stimato dall’Europa per il 2014 (135,2%) è più alto di quello previsto solo lo scorso febbraio (133,7%) e, soprattutto, di quello indicato da Palazzo Chigi (134,9%). E che la discesa ipotizzata dal 2015 è appesa ad un piano di privatizzazioni (rilanciato da Renzi da 8 a 11 miliardi l’anno) che tutti finora stimano enormemente sovradimensionato.
Certo, si dirà, l’impennata è dovuta principalmente al pagamento dei debiti della Pa verso le imprese. Misura che dovrebbe rilanciare la crescita e l’occupazione. Eppure, anche qui i conti non tornano. Malgrado l’insistenza con cui il premier Renzi scommette con tutti che entro la fine dell’anno i soldi alle aziende saranno restituiti, il dubbio che l’intervento si concretizzi continua ad aleggiare. Ad alimentarlo è stato ieri lo stesso sottosegretario alla presidenza Grazione Delrio.
Intervistato dal Corriere della Sera il braccio destro del presidente del Consiglio ha detto testualmente che «c’è la disponibilità a pagare tutto quello che arriva» e che «sicuramente quanto fatto finora permette di non accumulare ulteriori debiti». Detto questo, ha però proseguito Delrio, «può darsi che tutti i residui passati non verranno evasi quest’anno. È presumibile pensare che con i nuovi meccanismi la gran mole del debito verrà pagata entro i primi tre mesi del 2015». Una curiosità: tra chi aspetta il dovuto ci sono anche quei proprietari di casa che il fisco si appresta a stangare con Tasi e Imu. I possessori di beni culturali che hanno fatto interventi di restauro, infatti, stanno ancora aspettando dal ministero competente la restituzione di circa 97 milioni ingenuamente anticipati.
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