Non bastavano le obbligazioni subordinate a far penare i rispamiatori. Su suggerimento di Bruxelles il governo si è inventato il «debito chirografario di secondo livello». Il nuovo strumento, inserito all’articolo 100 della legge di bilancio, consentirà alle banche di introdurre una nuova categoria di bond che si collocherà, per livello di rischiosità e dunque di rendimento, tra i tioli senior (parzialmente garantiti nel caso di bail in) e quelli subordinati (praticamente privi di garanzie).
La novità viene venduta, anche dalle istituzioni europee, come un modo per ridurre i rischi per gli investitori meno esperti e per le stesse banche, che avrebbero una ulteriore fonte di protezione dalle perdite in caso di crisi. Nella realtà, si tratta di mettere altra polpa nel tritacarne del bail in. Il debito chirografario di secondo livello, che viene descritto come una sorta di cuscinetto tra le varie, e più conosciute, tipologie di obbligazioni, verrà bruciato esattamente come le obbligazioni subordinate e dovrebbe costituire un argine in grado di salvaguardare il più possibile i titoli di debito senior, che consentono agli investitori di scambiare un basso rendimento con un maggiore tasso di sicurezza. I nuovi prodotti, spiega il governo nella manovra, sono già stati adottati dalla Francia e dal Belgio e stanno per essere adottati dalla Spagna. La Germania ha fatto di più. E non è un caso. Ha trasformato direttamente tutto il debito senior in senior unpreferred, definizione che corrisponde alle nostre nuove obbligazioni di debito chirografario di secondo livello.
Il motivo di tanta solerzia è che il governo di Berlino sostiene che finché non sarà introdotto in Europa in maniera forte il principio secondo cui a pagare le crisi bancarie dovranno essere solo gli azionisti e gli investitori, l’unione bancaria non potrà essere portata a termine con l’ultimo tassello, che riguarda la condivisione a livello europeo della protezione sui conti correnti. Come scrive il governo nella relazione alla legge di bilancio, la capacità di assorbimento delle perdite, l’armonizzazione della gerarchia dei crediti in insolvenza e la revisione della direttiva Brrd delle disposizioni relative al requisito minimo di fondi propri e passività da assoggettare al bail in, sono «le misure di riduzione dei rischi bancari» che l’Ecofin ha individuate per «affiancare il negoziato relativo allo schema unico di garanzia dei depositi».
In altre parole, il nuovo strumento consentirà alle banche di raccogliere più facilmente il denaro tra gli investitori senza mettere a rischio la possibilità di ripianare le perdite in caso di default. Messi al sicuro gli istituti di credito e accontentata la Germania, resta da capire cosa sarà della sicurezza dei risparmiatori. Nella manovra il governo si limita a chiare che la durata originaria dei nuovi strumenti dovrà essere almeno di dodici mesi, che non ci dovranno essere componenti derivate e che la documentazione «contrattuale e il prospetto di offerta facciano esplicito riferimento alla specifica collocazione nella gerarchia fallimentare». Dalla relazione introduttiva si apprende, poi, che gli strumenti «possono essere oggetto di collocamento, in qualsiasi forma realizzato, rivolto a soli investitori qualificati». I piccoli risparmiatori sarebbero, dunque, al riparo dalle nuova insidiosa tipologia di bond.
Un po’ come avrebbero dovuto esserlo dai bond subordinati di Etruria, delle Venete e di Mps, prodotti rischiosissimi per natura, destinati ad investitori esperti, che invece sono stati consegnati a piene mani a famiglie e pensionati del tutto ignari. E il pericolo, col nuovo bond, sarà ancora maggiore. La sua natura ibrida di prodotto cuscinetto rischia di risultare ancora più ingannevole per l’occhio meno esperto.
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