venerdì 24 novembre 2017

Imbarcata di statali inutili

Fatta la legge, questa volta, non c’è stato neanche bisogno di trovare l’inganno. La possibilità di aggirare la norma è stata fornita direttamente da chi l’ha scritta. Il principio della riforma messa a punta da Marianna Madia era chiaro. Per programmare le assunzioni della Pa non si potrà più fare riferimento alla dotazione organica, criterio statico e difficilmente in grado di misurare le reali esigenze produttive degli uffici. Si dovrà invece ricorrere ad un moderno e dinamico piano triennale dei fabbisogni di personale, in coerenza, si legge nel decreto legislativo 75/2017, «con la pianificazione pluriennale delle attività e della performance». Una rivoluzione? Forse. Arrivati al dunque, però, la ministra della Pubblica amministrazione si è rimangiata tutto. La programmazione ancora non c’è (anche perché il ministero non ha emanato gli atti di indirizzo), ma la Madia ha voluto comunque sbloccare l’assunzione per 50mila precari storici della Pa, tirando fuori dal cilindro una sorta di regime transitorio.

«Nelle more dell’adozione delle linee di indirizzo e di orientamento nella predisposizione dei piani di fabbisogno di personale», si legge nella circolare firmata ieri dalla ministra, «le amministrazioni possono comunque procedere all’attuazione delle misure previste a partire dal 2018». Al posto del fabbisogno, fulcro e pilastro della grande riforma della Pa, basterà ora effettuare «una ricognizione del personale potenzialmente interessato e delle esigenze di professionalità da reclutare attraverso tali procedure». Dal primo gennaio, insomma, assunzioni per tutti. In barba alle regole scritte dalla stessa Madia.
La stabilizzazione dei precari riguarderà anche gli enti del Servizio Sanitario Nazionale, gli Irccs e gli Izs (Istituto Zooprofilattico Sperimentale). Il piano è rivolto ai dipendenti in possesso di almeno tre anni di anzianità di servizio, anche non continuativi negli ultimi otto. Per la prima volta anche gli assegni di ricerca saranno parificati ai tempi determinati e ai cococo. Il requisito del periodo di tre anni di lavoro negli ultimi otto anni può essere conseguito anche con attività svolta presso diversi enti e istituzioni di ricerca.

Se l’ingresso è stato preceduto da un concorso, non ci sarà bisogno di sottoporsi a nuove prove. Nel resto dei casi ai precari «storici» sarà riconosciuta una riserva, non oltre il 50%, dei posti messi a bando. La maggior parte dei candidati è concentrato nei settori della sanità, della ricerca e negli enti locali.
Anche sulle risorse, il rispetto delle regole passa in secondo piano. Questa volta la deroga era già contenuta nel decreto originario che prevede, per finalità volte esclusivamente al superamento del precariato, di utilizzare le risore calcolate in in misura corrispondente all’ammontare medio della spesa storica. Tali risorse, si legge nella circolare, «possono quindi elevare gli ordinari limiti finanziari per le assunzioni previsti dalle norme vigenti, purchÈ siano destinate per intero alle assunzioni a tempo indeterminato del personale» precario.

© Libero