Pierferdinando Casini ha ammesso ieri che l’indagine parlamentare dei crac di Veneto Banca e Popolare di Vicenza ha fatto emergere «un quadro sconfortante di corruzioni private e di tanti risparmiatori truffati cui sono stati collocati prodotti tossici». Ha anche spiegato che «i controlli non hanno funzionato» e che «il tumore in questa vicenda sono i banchieri che si sono comportati male». Quando si è trovato davanti la lista dei grandi debitori inadempienti che hanno mandato in dissesto il Monte dei Paschi, però, il presidente della commissione d’inchiesta sulle banche non se l’è sentita di dare seguito alle sue parole, divulgando l’elenco, e l’ha infilata in un cassetto. Anzi, l’ha affidata in busta ancora chiusa al servizio di sicurezza delle Fiamme Gialle, scegliendo, così raccontano alcuni parlamentari, una graziosa agente. Cosa che, commentano sempre le fonti anonime, oggi potrebbe rendere ancora più numerose le richieste di accesso per visionare il documento secretato.
In questi casi, i contenuti possono solo essere letti. Non trascritti, né fotocopiati né, tantomeno, fotografati. Ma un telefono si fa in fretta a tirarlo fuori. E se per vedere la lista c’è il traffico, diventerebbe anche assai difficile individuare lo «spione». Per i nomi di chi ha ricevuto soldi facili dai vertici di Mps, guardandosi poi bene dal restituirli e andando quindi ad alimentare la montagna di sofferenze che ha portato a fondo l’istituto, dovrebbe essere solo questione di tempo.
Malgrado la segretezza, comunque, c’è chi, come il grillino Carlo Sibilia, sostiene che nei cento nomi consegnati ieri dall’ad Marco Morelli e dal presidente Alessandro Falciai ci siano «diversi player legati ai partiti». Affermazione tutta da verificare. Mentre è un fatto, come denunciato sempre dal M5S, che il Tesoro ha riconfermato nel suo incarico anche Paolo Salvadori, presidente del collegio sindacale della banca imputato coatto con gli stessi capi d’accusa di Viola e Profumo».
Nell’audizione Morelli, appena riconfermato pure lui dall’azionista Tesoro, ha spiegato che il sostegno pubblico ha permesso di tornare a un «contesto normale», ma non bisogna farsi illusioni. «Devo essere franco - ha detto - il ritorno della banca a una redditività sostenibile e al recupero di quote di mercato non possono essere realizzati in breve tempo». Qualche segnale positivo c’è: la raccolta, precipitata nel 2016 e con un picco a dicembre dopo l’esito del referendum costituzionale, sta recuperando più velocemente del previsto ed ha un segno positivo di 11 miliardi. Sempre il voto è all'origine, secondo Morelli, del fallimento del piano 2016 di cessione sofferenze e aumento di capitale con i privati. L’instabilità allontanò gli investitori e la Bce non concesse la proroga a gennaio quando poi fu chiaro che il quadro politico non era mutato con l’avvento del governo Gentiloni. Un rinvio che impose l’intervento dello Stato.
I riflettori in commissione sono comunque già puntati sulle prossime mosse. La Lega chiede a gran voce l’audizione degli ex vertici Mussari, Vigni e Baldassarri e i pentastellati continuano ad invocare la convocazione del prediente della Bce Mario Draghi, ipotesi su cui Casini ha invitato alla «massima cautela», considerate «le ricadute internazionali».
Ma molti stanno già scaldando i muscoli per l’appuntamento della prossima settimana, quando in commissione arriveranno i procuratori di Ferrara, Ancona, Chieti e Arezzo che stanno conducendo le indagini sulle quattro banche fallite, a partire da Pop Etruria. L’audizione consentirà alle opposizioni di chiedere la convocazione dell’ex ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, su cui i dem si dicono già pronti a fare muro.
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