martedì 14 novembre 2017

I capi dell'Agenzia delle entrate intoccabili per legge

Premi più cospicui per i graduati, mano libera sulle funzioni dirigenziali, allungamento del mandato del direttore. È una rivoluzione assai benevola per le Agenzie fiscali quella contenuta nella riforma  presentata dal piddino Silvio Lai, relatore al decreto fisco collegato alla manovra. Il provvedimento ruota intorno al rafforzamento dei meccanismi di  accountability e di supervisione, all’autonomia finanziaria e all’autonomia  nella gestione del personale. L’intervento, si legge nella relazione illustrativa, ha come «obiettivo principale assicurare un maggiore orientamento ai  risultati e quindi una maggiore responsabilizzazione nei confronti dell’autorità politica, in cambio del ripristino dell’autonomia gestionale e operativa». In pratica, in cambio di qualche controllo sui risultati, si concede ampio spazio di manovra su tutte le scelte interne delle agenzie.

La più esatta definizione degli obiettivi, si spiega, «è strettamente collegata con il nuovo meccanismo di rimozione del direttore e dei  comitati di gestione». Esso si attiva, infatti, proprio per il  mancato raggiungimento, per due anni consecutivi, dei target  indicati dalla convenzione. Se tutta va bene, però, i vertici diventano assai più longevi. Con la riforma vengono, infatti, allungati i tempi degli organi  delle agenzie, (direttore e comitato di gestione) da tre a cinque  anni. Una novità bocciata dall’ex viceministro dell’Economia, Enrico Zanetti. «È un errore», ha spiegato il segretario di Scelta Civica, «il periodo troppo lungo rende il direttore dell’Agenzia delle entrate sempre più simile ad una sorta di ministro tecnico delle finanze».

Per quanto riguarda i premi, la quota  incentivante potrà essere destinata dalle agenzie al personale o agli  investimenti, sentiti i sindacati. Rimangono applicabili i tetti alle  remunerazioni dei dipendenti, ma per l’Agenzia delle entrate  viene innalzato di circa 30 milioni. Sul personale si punta a dare alle agenzie il controllo delle «leve gestionali, fermo restando il contratto nazionale collettivo». La dirigenza è strutturata su due livelli, e l’accesso avviene mediante  concorso pubblico aperto agli eterni per titoli ed esami, con la  possibilità di riservare fino al 50% dei posti ai funzionari delle  strutture con almeno 10 anni di anzianità. Si prevede, inoltre, la possibilità di «istituire posizioni  organizzative di elevata responsabilità», creando una fascia di  quadri intermedi tra funzionari e dirigenti «a cui affidare incarichi di elevata responsabilità, professionalità e specializzazione» si legge nella relazione illustrativa. La riforma prevede che esse  sostituiscano alcune posizioni dirigenziali e, a questo scopo, si attribuisce alle stesse anche alcuni poteri verso l’esterno, come quello di firma. Queste posizioni, si spiega,  «sono assegnate mediante selezione a funzionari con almeno 5 anni e  sono oggetto di valutazione annuale». È l’uovo di Colombo con cui riportare in sella gli 800 dirigenti nominati senza concorso dichiarati illegittimi nel 2015 dalla Corte costituzionale.

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