L’Europa certifica il balzo della crescita italiana per il 2017 e aggiorna al rialzo anche le stime per il 2018. Una magra consolazione per il governo italiano, che continuerà a fare il fanalino di coda della Ue per altri tre anni, con il Pil sempre più basso anche dei Paesi meno veloci. Cattive notizie anche sul debito, che, seppure alleggerito dalla maggiore crescita, continua a mancare l’obiettivo di riduzione fissato dalle regole, e sul deficit strutturale, rivisto al rialzo. Malgrado il quadro sostanzialmente poco roseo, non è detto che il 22 novembre, con l’opinione sulla legge di bilancio, arriverà un richiamo formale. Pierre Moscovici continua infatti a vedere segnali di ripartenza e una volontà di far quadrare i conti. «Non è sbagliato dire che è il Paese che cresce meno, ma è anche quello che segnala una vera ripresa», ha detto il commissario agli affari monetari. Tanto è bastato al premier Paolo Gentiloni per cantare vittoria: «Bisogna rendere stabili i risultati raggiunti e non disperderli».
Bruxelles ha confermato che il pil italiano crescerà di 1,5% quest’anno (dallo 0,9% stimato in primavera), così come previsto dal governo. Le cose andranno diversamente, però, negli anni successivi. Invece di uno stabile 1,5%, la Ue vede un rallentamento dovuto all’aumento dei prezzi e quindi al calo dei consumi, che porterà il pil all’1,3% nel 2018 (rispetto all’1,1%) e all’1% nel 2019. A frenare la corsa, ha spiegato la Commissione, ci sarà anche l’effetto di una politica meno accomodante della Bce. Male anche l’occupazione, considerato che l’andamento del mercato del lavoro «sarà in linea con l’attività economica». La disoccupazione scenderà lievemente all’11,3% quest’anno e al 10,9% nel prossimo. Il nodo vero resta il debito, che scenderà solo «marginalmente» dal 132,1% del 2017, «anche a causa del sostegno pubblico alle banche», al 130,8% del 2018 e al 130% del 2019. Una lieve diminuzione dovuta «soprattutto alla crescita più forte».
Quanto al deficit, nel 2017 calerà al 2,1% e nel 2018 all’1,8% (dal 2,3% previsto a maggio) «grazie ad una crescita più alta» e ad alcune misure come spending review e scontrino elettronico obbligatorio. Ma quello strutturale dal 2,1% di quest’anno e il 2% nel 2018 tornerà al 2,4% nel 2019. Ed è su questo fronte che il calo atteso da Bruxelles e imposto dalle regole, non c’è. Anche nel 2017 il saldo strutturale peggiora di 0,4 punti rispetto al 2016, invece di migliorare. Il che, come indicato dalla lettera dei commissari Ue del 27 ottobre, significa una «deviazione significativa» dalle regole. Resta poi da capire quale sarà il verdetto definitivo di Bruxelles sugli 1,7 miliardi che mancano nella manovra per il 2018. Il Tesoro, nella replica alla Commissione, ha tentato di minimizzare, spiegando che la divergenza sui numeri è dovuta a tecnicismi, cioè a un metodo di calcolo diverso: laddove il governo vede uno 0,3% di correzione strutturale, la Ue conta solo uno 0,2%. Moscovici ha, però, anticipato che lo scarto potrebbe non avere «conseguenze procedurali». E ha addirittura difeso la scelta di concedere molta flessibilità all’Italia: «È sempre su basi oggettive che l’abbiamo concessa».
Intanto, mentre a Roma festeggiano il super pil l’Eurozona crescerà quest’anno «con il suo ritmo più veloce da un decennio», arrivando a al 2,2%, rivisto al rialzo di un +0,5% rispetto alle stime di maggio che lo davano all’1,7%.
© Libero