martedì 14 novembre 2017

Pagano la tassa sui rifiuti, ma nessuno li smaltisce

I rifiuti diminuiscono, il costo per i contribuenti aumenta. Difficile dire se dietro il curioso fenomeno ci sia lo zampino delle tariffe Tari sballate in un terzo dei comuni italiani. Di sicuro, errori o no nelle bollette, i soldi sborsati dagli italiani continuano a crescere senza sosta. Quest’anno, secondo quanto calcolato dalla Cgia di Mestre, si arriverà complessivamente a 9,1 miliardi di euro, con un aumento delle tariffe tra il 2 e il 2,6% (rispetto all’inflazione dell’1,3%) per negozi, bar, ristoranti, alberghi e botteghe artigiane.  Per le famiglie l’incremento sarà leggermente più contenuto. Per un nucleo con 2 componenti la maggiore spesa sarà del 2%, con 3 dell’1,9% e con 4 dello 0,2%. «Continuiamo a pagare di più, nonostante la produzione dei rifiuti  abbia subito in questi ultimi anni di crisi una contrazione di 3 milioni di tonnellate, l’incidenza della raccolta differenziata sia aumentata di 20 punti percentuali e la qualità del servizio non abbia registrato alcun miglioramento. Anzi, in molte grandi aree urbane del paese è addirittura peggiorata», sottolinea la Cgia.

La realtà, ha proseguito il coordinatore dell’ufficio studi, Paolo Zabeo, è che finché «non arriveremo alla definizione dei costi standard possiamo affermare con buona approssimazione che con il pagamento della bolletta non copriamo solo i costi di raccolta e di smaltimento dei rifiuti, così come stabilito dal legislatore con l’introduzione della Tari, ma anche le inefficienze e gli sprechi del sistema».
A questo si aggiungono gli errori smascherati dal Sole 24 Ore sulla metodologia di calcolo del balzello, che attraverso un’aggiunta illegittima della quota variabile (sulla base dei residenti) per ogni pertinenza può anche raddoppiare. Nei giorni scorsi le associazioni dei consumatori hanno iniziato ad aprire sportelli ad hoc per aiutare i contribuenti a riavere il maltolto. Ma tornare in possesso delle somme non dovute potrebbe non essere così semplice. Come ha spiegato il tributarista Franco Muratori all’Adnkronos, «il contribuente che ha regolato il pagamento della Tari a seguito di un accertamento, e dunque anche con la recente rottamazione visto che presuppone un accertamento non può fare nulla per ottenere quello che ha eventualmente versato illegittimamente, perché in base alla legge lo scadere del termine di 60 giorni cristallizza la cifra impositiva». Anche negli altri casi la strada è in salita.  Bisogna affidarsi all’autotutela, ma «in genere le  richieste di questo tipo all’Ente interessato non hanno alcun seguito». Poco semplice è anche l’individuazione dell’errore. La bolletta Tari, ha proseguito il legale, è infatti «spesso poco trasparente e risulta  impossibile capire come l’ente abbia calcolato la tassa dovuta».

Di sicuro non potranno rilevare alcuno scostamento i cittadini della Capitale. A Roma, infatti, dal 2014, anno in cui è entrata in vigore l’attuale tassa sui rifiuti, nessuna delibera è stata emessa in merito all’aliquota da utilizzare per il calcolo. Non è neanche chiaro, a questo punto, come faccia la municipalizzata Ama a definire le somme che devono essere pagate dai cittadini. Senza contare che quando l’azienda non svolge con regolarità ed efficienza il proprio servizio, come accade spesso a Roma, dove i cassonetti vengono sommersi frequentemente da montagne di immondizia, la legge prevede anche sconti a carico degli utenti.
E sempre dal Lazio arrivano i primi comuni che si chiamano fuori dal pasticcio sulle tariffe. Da Abano Laziale e da Frascati i sindaci hanno fatto sapere che nelle loro amministrazioni  non è stata operata alcuna maggiorazione delle bollette sulla base degli errati calcoli sulle pertinenze.

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