Quest’anno, secondo le stime contenute nel bilancio preventivo per il 2017, il bilancio dell’Inps avrebbe dovuto chiudere l’esercizio con un patrimonio negativo per 7,9 miliardi. Chiuderà invece con un attivo di circa 51 miliardi. A fare la differenza non è stata una magia contabile dell’economista nonché presidente dell’Istituto, Tito Boeri, né una miracolosa sterzata sul recupero della montagna di crediti contributivi non riscossi. E neppure un repentino cambiamento nel rapporto tra prestazioni e versamenti delle varie gestioni previdenziali. In effetti, nulla è realmente cambiato, se non fosse per poche righe inserite provvidenzialmente nella manovra.
All’articolo 24 del testo trasmesso ieri al Senato si legge che le «anticipazioni di bilancio concesse all’Istituto nazionale della previdenza sociale negli esercizi antecedenti all’entrata in vigore della presente legge ed iscritte quali debiti verso lo Stato nel rendiconto 2015 dell’Istituto stesso, per un totale di 88.878 milioni di euro sono compensate con i crediti verso lo Stato, risultanto dal medesimo rendiconto, fino a concorrenza dell’importo di 29.423 milioni di euro, e per l’eccedenza si intendono effettuate a titolo definitivo». La norma fa riferimento ad un pasticcio politico-contabile per cui lo Stato copre anno dopo anno i buchi di bilancio dell’Inps sia con trasferimenti monetari a titolo definitivo sia con trasferimenti a titolo di anticipazioni. I primi sono chiaramente a fondo perduto, i secondi dovrebbero invece essere restituiti e vanno ad alimentare le passività dell’Inps. Da un punto di vista strettamente contabile, le anticipazioni consentono una maggiore trasparenza del dare e avere nei confronti dello Stato. Chiudere gli esercizi con deficit spaventosi e far lievitare il rosso patrimoniale a dismisura non è, però, il massimo per un ente a cui è appeso il destino di decine di milioni di italiani. Così, di tanto in tanto, un po’ per rafforzare l’immagine di solidità del sistema previdenziale e un po’ per dare un aiutino all’amministratore di turno, il governo trasforma i prestiti in regalìe.
È questo il caso della legge di bilancio appena approdata in Parlamento, dove si prevede un colpo di spugna su 88,8 miliardi di debiti. Non tutti i soldi finiranno, però, ad ingrossare gli attivi dell’Istituto. Parte dell’elargizione sarà compensata con crediti che l’Inps vanta nei confronti dello Stato per 29,4 miliardi. Si tratta dei pagamenti per prestazioni assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali (Gias) introdotte per legge e senza coperture dirette. Il conto complessivo del dono è dunque di circa 59 miliardi. Soldi che consentiranno a Boeri la prossima primavera, quando sarà chiuso il bilancio 2017 e pochi ricorderanno quel pugno di righe nella manovra, di presentare i conti con un patrimonio netto abbondantemente positivo per circa 51 miliardi.
L’operazione che regola i flussi di credito e debito tra Stato e Inps è qualcosa di simile ad una partita di giro, che non ha effetti diretti sul deficit e sul debito pubblico per quello che riguarda la contabilità Ue. Le passività dell’Inps, però, pesano sull’indebitamento dello Stato. E non sono tutte dovute ai disavanzi delle gestioni previdenziali dovuti allo scarto tra prestazioni e versamenti. Tra le poste che vanno ad ingrossare il buco dell’Inps c’è, ad esempio, l’enorme stock di crediti contributivi non riscossi, su cui l’efficienza della macchina amministrativa dell’ente potrebbe influire positivamente. Le somme sono spaventosamente grandi. Negli anni della crisi, dal 2006 al 2015, la cifra del mancati incassi iscritti a ruolo si aggira sui 10-11 miliardi l’anno. Un flusso che ha portato il cumulato dei crediti iscritti a ruolo nel 2015 (ultimo anno di cui sono disponibili i dati) a 160 miliardi, di cui solo 24,6 sono stati riscossi, il 24,6%.
Il fenomeno continua ad erodere anno dopo anno il bilancio dell’Ente, anche perché l’Inps, esattamente come accade per le banche, non può continuare per sempre ad inserire i crediti tra gli attivi. Dopo un certo periodo, le somme divenute non più esigibili devono essere svalutate. Una pratica che quest’anno comporterà un onere contabile per circa 59,5 miliardi, curiosamente simile al regalo arrivato dal governo.
Invece di contrastare in maniera più efficace l’evasione contributiva, sembra che l’Inps stia cercando di fare cassa sulla pelle dei pensionati. Negli ultimi mesi, stando alle denunce delle associazioni dei consumatori, si sarebbero, infatti, intensificate le lettere di richiesta di rimborso delle somme che l’Istituto ritiene di aver indebitamente erogato. Un’offensiva a cui il Codacons ha risposto nei giorni scorsi con una class action depositata al Tribunale di Roma per «bloccare i comportamenti illeciti dell’Istituto e salvaguardare i diritti di migliaia di pensionati».
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