giovedì 26 ottobre 2017

Favore della Consulta al governo. Scippati 30 miliardi ai pensionati

Circa 30 miliardi tolti ai pensionati senza che il «diritto» faccia una piega. Qualche giurista, all’epoca, aveva definito il cosiddetto bonus Poletti un atto di «pirateria legislativa», sostenendo con robuste argomentazioni che, per gli effetti retroattivi, la discrezionalità dell’intervento e, soprattutto, l’esiguità della somma restituita, il decreto era in palese contrasto con la sentenza della Corte Costituzionale che lo aveva reso necessario.

Tutt’altra, l’idea dei supremi giudici, che ieri, con una decisione che farà discutere, hanno stabilito che la toppa messa dal governo Renzi alla mancata perequazione delle pensioni in base all’inflazione è assolutamente legittima. Questa la motivazione: la nuova e temporanea disciplina, si legge nella sentenza, «realizza un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica».
Per capire esattamente cosa ci sia dietro la clamorosa capriola costituzionale bisogna fare qualche passo indietro. L’origine della vicenda è il famigerato Salva Italia della fine del 2011, con cui il governo guidato da Mario Monti blocca per il biennio 2012-2013 la rivalutazione di tutte le pensioni al di sotto dei 1.404 euro lordi, cioè 3 volte il trattamento minimo. Due anni dopo, con la sentenza 70/2015, la Consulta stabilisce che quello stop ha intaccato «diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale, fondati su inequivocabili parametri costituzionali: la proporzionalità del trattamento di quiescenza, intesa come retribuzione differita e l’adeguatezza». Il buon senso e il rispetto della legge, avrebbero voluto che da quel momento fossero restituiti tutti ai pensionati tutti i soldi ingiustamente sottratti. Il che, però, avrebbe creato non pochi problemi alle finanze pubbliche. Allora i calcoli effettuati dalla Ragioneria parlavano di un buco di circa 24 miliardi, ma in questi giorni un tecnico dell’Inps ha detto che il costo per confermare l’adeguamento delle pensioni sarebbe addirittura di 30 miliardi. Ed ecco allora la trovata dell’ex premier Renzi: restituiamo una piccola parte e la spacciamo per una elargizione straordinaria. Di qui il bonus Poletti, che con il decreto 65/2015, attraverso una complicata modulazione retroattiva degli adeguamenti sulla base dell’entità dell’assegno previdenziale, ha offerto qualche briciola in pasto ai pensionati.

Alla fine, il governo se l’è cavata complessivamente con 2,8 miliardi, circa il 10% del dovuto. Per avere un’idea più concreta del danno subito dai pensionati, basta guardare la tabella elaborata dal sito PensioniOggi.it, da cui emerge che su una pensione di 2.300 euro lordi il governo, grazie al bonus Poletti, ha succhiato dal trattamento previdenziale circa 100 euro al mese a partire dal 2012. Soldi che, a causa dell’effetto trascinamento, sono stati persi anche negli anni successivi. Il conto complessivo è assai salato: dal 2012 alla fine del 2017 il pensionato ha subito una decurtazione di ben 8.115 euro lordi.
Soldi che nessuno restituirà mai. Dal momento che anche la Corte Costituzionale, pure a causa dell’obbligo di pareggio di bilancio inserito nella Carta (art. 79) nel 2012, sempre sotto il governo Monti, sembra ormai essersi piegata alle esigenze di cassa dei governi. «I conti pubblici valgono più della nostra dignità», commentano i sindacati. «La Corte Costituzionale salva il governo e condanna sei milioni di pensionati italiani, a cui vengono sottratti 30 miliardi di mancate rivalutazioni», tuona il segretario della Lega, Matteo Salvini.

Anche per il futuro il destino degli assegni è tutt’altro che chiaro. Fino al 2018 resta in vigore la scalettatura messa a punto da Poletti (adeguamento al 100% per gli assegni fino a 3 volte il minimo; del 40% tra 3 e 4 volte; del 20% tra 4 e 5; del 10% tra 5 e 6; nullo per importi oltre 6 volte). Dal 2019, invece, ma per ora ci sono solo promesse, dovrebbe tornare il meccanismo a scaglioni (come l’Irpef) previsto dal governo Prodi nel 2000, ovvero l’adeguamento al 100%  per importi fino a 3 volte il minimo, del 90% tra 3 e 5 volte e del 75% per gli importi oltre le 5 volte.

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