sabato 28 ottobre 2017

La Ue svela i trucchi di Padoan. Nei conti mancano 1,7 miliardi

Mentre i tecnici del ministero dell’Economia continuano a modificare il testo della manovra di bilancio, studiando il modo per aumentare la prescrizione delle cartelle fiscali o rendere più facile alle banche pignorare i conti correnti, a Bruxelles si sono accorti per l’ennesima volta che i nostri conti non tornano.

All’appello mancherebbero addirittura 1,7 miliardi, che Pier Carlo Padoan dovrà far saltare fuori entro martedì prossimo, giorni entro il quale la Ue si aspetta una risposta dettagliata dal governo. La richiesta di chiarimenti è contenuta in una lettera scritta a quattro mani dal vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, e dal commissario agli affari economici, Pierre Moscovici. I due hanno tenuto conto del patto stretto con il ministro dell’Economia, in base al quale nel 2018 Roma potrà limitarsi ad un aggiustamento strutturale del deficit dello 0,3% del Pil (5,4 miliardi) rispetto allo 0,6% (10,8 miliardi) previsti dall’applicazione del patto di stabilità. Ma i tecnici della Commissione, analizzando le tabelle inviate dal governo a Bruxelles, hanno verificato che i conteggi di Via XX Settembre sono sballati. «Nel 2018», si legge nella missiva, il Draft Budgetary plan prevede uno sforzo strutturale dello 0,3% del Pil». Questo dato però, «una volta ricalcolato dagli uffici della Commissione Ue, in base alla metodologia comunemente condivisa, arriva allo 0,2%». Il che significa che manca uno 0,1%, vale a dire circa 1,7 miliardi. Scostamento che Bruxelles definisce «una significativa deviazione» dall’impegno richiesto. Pur assicurando che nel suo giudizio la Commissione «terrà in conto, comunque, l’obiettivo di avere un sistema fiscale che contribuisca tanto a rafforzare la continua ripresa e assicuri la sostenibilità delle finanze pubbliche italiane» nonché «i recenti sviluppi e previsioni di spesa relativi all’arrivo e alla presenza di migranti», il governo dovrà fornire «ulteriori informazioni sulla precisa composizione dello sforzo strutturale previsto».
Ma non è tutto. Anche per il 2017 la spesa primaria italiana rischia di eccedere i limiti richiesti dall’Unione europea, anche tenendo conto della maggiore flessibilità richiesta in relazione alle spese sostenute per migranti e terremoto. «Il tasso di crescita reale previsto per la spesa primaria eccede la riduzione raccomandata di almeno l’1,4%», scrivono Dombrovskis e Moscovici, «Questa conclusione sarebbe ugualmente confermata anche se venisse sottratta dal dato richiesto la tolleranza provvisoria relativa all’eccezionale flusso di rifugiati e alle misure contro il rischio sismico».
La valutazione «finale» sulla bozza del bilancio è attesa entro la fine di novembre. La richiesta di ulteriori chiarimenti entro il 31 ottobre lascia quindi un mese di tempo ai servizi della Direzione generale economia e finanza per valutare il progetto e stabilire se è in regola «con le richieste del braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita».
Dal ministero dell’Economia hanno ovviamente minimizzato, dicendosi «fiducciosi» che i chiarimenti dimostrerannno «adeguatamente che l’Italia rispetta le regole Ue» e spiegando che «in presenza di gravi difformità dalle regole la Commissione avrebbe la facoltà di rigettare direttamente il Documento programmatico di bilancio».
Intanto, sul fronte del debito inizia a farsi vedere l’effetto Draghi. All’indomani del prolungamento del Qe, seppure dimezzato nell’entità, il Tesoro ha collocato 6 miliardi di Bot semestrali, con un rendimento al nuovo minimo storico di -0,4%.

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