Il balzo dei requisiti per ottenere la pensione di vecchiaia dai 66 anni e sette mesi ai 67 che scatterà dal primo gennaio del 2019 in assenza di interventi governativi non è che l’inizio. Ad oggi, ha spiegato qualche mese fa il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, in base agli «scenari demografici» a disposizione «è possibile delineare la futura traiettoria dei requisiti di accesso al pensionamento». Il primo passo è quello di cui si parla in questi giorni: dai «66 anni e 7 mesi, in vigore per tutte le categorie di lavoratori dal 2018, si passerebbe a 67 anni a partire dal 2019». Dal 2021, però, l’età per la vecchiaia salirebbe a 67 anni e 3 mesi mentre, «per i successivi aggiornamenti, a partire da quello nel 2023, si prevede un incremento di due mesi ogni volta. Con la conseguenza che l’età pensionabile salirebbe a 68 anni e 1 mese dal 2031, a 68 anni e 11 mesi dal 2041 e a 69 anni e 9 mesi dal 2051». Comunque, ricorda Alleva, «per quanto attiene l’adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento» negli anni precedenti due aggiornamenti sono stati già forniti. I prossimo aggiornamento, ha tenuto precisare, «entrerà in vigore dal primo gennaio 2019 e sarà costruito sul triennio 2013-2016».
La trappola dell'aspettativa di vita, una diabolica punizione del benessere e della longevità, è scattata nel 2010 con il decreto 78, che ha previsto a partire dal gennaio 2013 il progressivo innalzamento dei requisiti per l’accesso alla pensione (di vecchiaia e anticipata) che dovrebbe sterilizzare gli effetti dell’allungamento della vita sui conti dell’Inps. Il meccanismo è stato confermato in toto e addirittura rafforzato dalla Fornero, che nella legge 201 del 2011 ha esteso gli adeguamenti alla speranza di vita sia ai requisiti anagrafici sia ai requisiti contributivi per l’accesso a tutti i trattamenti pensionistici.
Il primo adeguamento si è verificato nel 2013 ed è stato pari a 3 mesi (decreto 6 dicembre 2011), con il requisito anagrafico salito da 66 anni a 66 anni e 3 mesi, mentre il secondo adeguamento, quello in vigore oggi, ha avuto luogo nel 2016 ed è stato pari a 4 mesi (decreto 16 dicembre 2014).
Ma non è finita. La morsa delle norme che allontano il momento della pensione non si allenta neanche nell’ipotesi, catastrofica, che la longevità degli italiani dovesse di colpo diminuire. Il governo Monti ha infatti stabilito che dal primo gennaio 2021, anche se l’andamento dell’aspettativa di vita risultasse inferiore a 5 mesi nei prossimi anni, il pensionamento non potrà avvenire comunque prima del 67esimo anno di età. E in ogni caso la legge non prevede mai alcun arretramento dei requisiti. Anche se una misteriosa epidemia dovesse sterminare all’istante tutta la popolazione, l’asticella continuerebbe a restare fissa sul suo livello.
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