Alla fine si è deciso per la strategia del gambero. Dopo aver sterilizzato in anticipo qualsiasi tipo di sorpresa sgradita, attraverso la segretazione degli atti e la censura preventiva delle domande scomode, il Pd ha anche disinnescato definitivamente la mina Etruria (proprio in questi giorni sotto i riflettori per l’avvio del processo per bancarotta e le cause contro gli ex vertici, tra cui il papà del sottosegretario Maria Elena Boschi), imponendo alla Commissione di inchiesta sulle banche di camminare all’indietro.
Al termine di una consultazione con l’ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi, il numero uno dell’organismo, Pier Ferdinando Casini, ha deciso che l’indagine comincerà dalle banche venete, poiché «un fattore rilevante per la determinazione dell’ordine di priorità è costituito dal criterio di attualità, alla stregua del quale appare ragionevole partire dalle audizioni sugli interventi più vicini che i governi pro-tempore hanno posto in essere, per poi risalire a ritroso a quelli più lontani». Il che significa, visti i tempi ridottissimi di manovra consentiti dalla fine della legislatura a marzo, che la Commissione difficilmente potrà occuparsi di Mps e sicuramente non potrà occuparsi dei quattro istituti falliti Etruria, Carichieti, Carife e Bancamarche. Anche perché l’intenzione della maggioranza sarebbe quella di iniziare i lavori con le audizioni di esperti della materia. Una scelta che il segretario di Scelta Civica, Enrico Zanetti, definisce fuori dai denti «una supercazzola, che una commissione con poco tempo per lavorare non dovrebbe concedersi il lusso di fare».
Alla fine, sintetizza Giovanni Paglia di Si-Possibile «è prevalsa l’ipotesi del Pd di partire dalle banche venete, cioè dal caso più facile per il partito di Renzi». Parole rese ancora più scomode e pungenti dal fatto che tra i membri piddini della commissione c’è anche l’avvocato Francesco Bonifazi, che oltre ad essere un fedelissimo dell’ex premier è anche il titolare dello studio fiorentino dove lavora il tributarista Emanuele Boschi, fratello di Maria Elena e figlio dell’ex vicepresidente di Etruria, Pier Luigi.
Il cronoprogramma completo delle audizioni sarà pronto solo la prossima settimana. Le pressioni delle opposizioni hanno però costretto Casini a calendarizzare almeno i primi appuntamenti. Si parte, dunque, martedì, quando a Palazzo San Macuto alle 13.30 sarà ascoltato il sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione Luigi Orsi. Mercoledì, alle 13, sarà il turno del procuratore di Milano Francesco Greco. L’idea, sempre per il discorso della fretta, è quella di proporre «un approccio introduttivo, utile in questa fase iniziale».
Punto caldo, secondo il presidente della Commissione, sarà il tema delle retribuzioni dei manager, che però, paradossalmente, andrà trattato «separatamente», poiché «acquista particolare rilievo alla luce del fatto che a volte gli standard stipendiali in questione non sono risultati in linea con la situazione di difficoltà delle singole banche». Per l’ex Dc, la maggior parte delle crisi bancarie «sono ascrivibili alla cattiva gestione, alle politiche inadeguate adottate per l’erogazione dei crediti e alle pratiche commerciali non corrette per il reperimento della provvista». È proprio su questo fronte che, secondo FdI, bisognerebbe accelerare. È di «estrema importanza», ha detto Giorgia Meloni, «acquisire da subito i documenti relativi alle posizioni dei crediti incagliati delle banche oggetto di aiuti di Stato, nonché l’elenco dei primi cento debitori insolventi».
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