giovedì 5 ottobre 2017

Gli ecologisti ci costano un miliardo in più sulla bolletta

Bisognerebbe coniugare «la promozione della sostenibilità ambientale con la promozione della sostenibilità economica». È con questa frase che Guido Bortoni sintetizza la follia del sistema italiano, dove la produzione di energia pulita cala, ma gli incentivi (a spese dei contribuenti) aumentano. I numeri snocciolati ieri dal presidente dell’authority nella sua ultima relazione annuale (il mandato scade a febbraio) parlano chiaro: in Italia le fonti rinnovabili hanno assicurato nel 2016 il 37% della produzione totale con poco meno di 108 TWh, nel 2015 era il 39%, nel 2014 il 43%. Si tratta di percentuali pagate a caro prezzo ogni mese dagli italiani insieme alla bolletta elettrica.

Circa la metà di tale produzione è infatti incentivata con la componente A3, che ricade dentro i cosiddetti oneri di sistema. A differenza di quello che ci hanno detto e che si potrebbe ragionevolmente pensare, visto il calo complessivo dell’energia pulita, gli incentivi sono, però, aumentati. Rispetto ai 12,5 miliardi del 2015 alle rinnovabili nel 2016 sono andati ben 13,6 miliardi, oltre un miliardo in più per garantire la «sostenibilità ambientale» di cui parla Bortoni.
Soldi che pochissimi, tra l’altro, sanno di pagare. Perché sulle bollette della luce e del gas ci sono, ha detto il numero uno dell’authority, ancora troppi oneri «occulti». Per «migliorare il segnale economico che giunge all'utente» l’Autorità sostiene la proposta già avanzata dal legislatore di «convertire gli oneri generali in prestazione parafiscale sul modello del canone Rai». Ma una maggiore trasparenza non risolverebbe certo la situazione. Sulle bollette pesano, infatti, «eccessive, visibili distorsioni» rispetto ai prezzi dei mercati all’ingrosso. Nel settore elettrico, ad esempio, si è generato «un gap rilevante tra i prezzi pagati dai consumatori finali nel mercato del dettaglio e i prezzi delle relative commodity sul mercato dell’ingrosso».

Questo, ha detto Bortoni, è «il segno preoccupante di veri e propri mercati a due velocità». Stando alla relazione dell’Autorità nel 2016 i prezzi dell’energia elettrica per i consumatori domestici italiani si confermano inferiori ai prezzi nell’area euro per le prime due classi di consumo, sia al netto sia al lordo delle imposte e degli oneri. Le imprese, invece, pagano un valore «intorno al 20%» in più nel confronto con i valori medi dell’eurozona.
Cresce, infine, il mercato libero, con le imprese salite a 542, 61 in più rispetto al 2016, e i clienti  domestici arrivati al 37,8%. Ma i vantaggi della concorrenza, proprio a causaa delle distorsioni, «sono confinati «soltanto a una parte intorno al 50% del prezzo finale pagato da cittadini e imprese».

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