venerdì 1 aprile 2016

La triste parabole dell'economista che ha voluto fare il salto in politica

Fino al 2014, anno in cui inizia la sua avventura politica, la storia della giovane Federica Guidi, classe 1969, modenese, era scolpita nell’economia e nell’industria. Figlia di Guidalberto Guidi, già vicepresidente di Confindustria e membro di numerosi consigli di amministrazione, Federica muove i suoi primi passi, subito dopo la laurea, come analista finanziaria e sbarca prestissimo, nel 1996, nell’azienda di famiglia, Ducati Energia, di cui diventa poco dopo amministratore delegato.

La voglia di fare politica si esprime, all’inizio,  nel mondo dell’impresa. Dal 2002 al 2005 è stata presidente regionale dei Giovani imprenditori dell’Emilia Romagna e vicepresidente degli imprenditori della regione. Poi l’ascesa. Dal 2005 al 2008 affianca Matteo Colaninno  come vicepresidente dei Giovani di Confindustria. Al termine di questo periodo, con Emma Marcegaglia alla guida di Viale dell’Astronomia, la Guidi diventa presidente dell’associazione giovanile.
Il salto nella politica, quella vera, arriva nel febbraio 2014, quando Matteo Renzi la vuole nella sua squadra come ministro dello Sviluppo economico. La nomina, secondo alcuni, risponderebbe ad una logica che rimanda direttamente al patto del Nazareno tra il premier e Silvio Berlusconi. Si racconta, infatti, che sia stato proprio il Cavaliere uno tra i primi a chiamarla per congratularsi.  Ma le strade che da Arcore portano alla Guidi sono tante. A partire dalla storica amicizia tra Berlusconi e il papà Guidalberto, fino alle voci che, in più di un’occasione, hanno fatto circolare il nome della imprenditrice come possibile volto nuovo di Forza Italia.

Al di là delle presunte vicinanze politiche, più di uno a sinistra storse il naso per la scelta di Renzi. Non tanto per il passato confindustriale, quanto per i numerosi conflitti di interesse che il neo ministro portava con sè negli uffici dello Sviluppo economico. Il superministero guidato fino a ieri dalla Guidi ha  competenze su tutti i settori dove opera l’azienda di famiglia, dall’energia elettrica, all’eolico, fino alla meccanica di precisione. Non solo. I suoi prodotti sono forniti ad enti locali e municipalizzate, nonché ai grandi gruppi pubblici controllati dallo Stato. A poco è servito che il ministro lasciasse immediatamente tutti gli incarichi operativi e che l’Antitrust desse il via libera. A molti il dubbio è rimasto. Poche interviste, basso profilo mediatico, la Guidi si è sempre definita una donna del fare. Ma il bilancio dei suoi due anni di incarico è in chiaroscuro. Da una parte le crisi ancora irrisolte dell’Ilva e dell’Alcoa, dall’altra i successi della Ast di Terni e di Whirlpool. La Guidi si è impegnata moltissimo per promuovere il made in Italy all’estero con frequenti missioni internazionali. Sul fronte interno, però, c’è il suo ddl concorrenza che a più di un anno dal varo è ancora in Parlamento a farsi sbaranare dalle lobby.

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