Bene, prendiamo allora i documenti ufficiali compilati dagli esperti del ministero dell’Economia e delle Finanze guidato fino a qualche mese fa dallo stesso Mario Monti ed ora dall’ex direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli. Il quadro che emerge dal Documento di economia e finanza, così come modificato dalla nota di aggiornamento presentata dal governo lo scorso settembre, non lascia davvero spazio ad alcun tipo di entusiasmo. Soprattutto se ci avventuriamo in un confronto con gli indicatori dello scorso anno. L’elenco è lungo e, tranne il rapporto tra deficit e pil, che migliorerà grazie alle stangate micidiali che ci sono arrivate sulla schiena negli ultimi dodici mesi, tutti hanno un’evoluzione negativa. Il prodotto interno lordo chiuderà l’anno sotto del 2,4% rispetto ad un +0,4% del 2011. Il tasso di disoccupazione è schizzato al 10,8% contro l’8,4% registrato lo scorso anno.
I consumi privati precipitano del 3,4% (0,1% nel 2011) e la domanda interna crolla del 5% (-1%). Male anche i crediti in sofferenza delle banche, saliti dai 104,3 miliardi del 2011 ai 117,6 miliardi di quest’anno. Inutile parlare della pressione fiscale, schizzata dal 42,5 al 44,7%. E le cose non dovrebbero andare un granché bene neanche nei prossimi mesi. Secondo le previsioni d’autunno, diffuse qualche settimana fa dalla Commissione europea, nel nostro Paese è in atto «una recessione profonda» che non mollerà il colpo fino alla seconda metà del 2013, quando «una tiepida ripresa» potrebbe rimettere in moto il ciclo economico. Ma il ritmo, avverte la commissione, sarà «ancora debole», considerato che i consumi privati dovrebbero contrarsi ulteriormente anche il prossimo anno, «per tornare in territorio positivo solo nel 2014».
Tradotto in cifre, la Commissione stima un pil in calo dello 0,5% anche per il 2013. Se poi le tensioni sui mercati finanziari dovessero allentarsi, cosa nient’affatto scontata, l’Italia potrebbe acciuffare uno 0,8% di crescita nel 2014. Il prolungamento della recessione avrà effetti devastanti sul mondo del lavoro. La disoccupazione è, infatti, destinata ad aumentare ancora nei prossimi due anni, passando dal 10,6% del 2012 all’11,5% del 2013 fino all’11,8% del 2014. A mettere in ginocchio il Paese, ha spiegato il commissario Ue Olli Rehn, è stato il combinato disposto delle manovre correttive e delle «pressioni al rialzo sui tassi di interesse», che hanno «amplificato l’impatto depressivo del consistente consolidamento di bilancio sulla domanda interna».
Ed ecco il bello: malgrado la cura da cavallo, neanche i conti sono a posto. La Commissione europea ha infatti confermato che l’Italia otterrà il pareggio di bilancio strutturale nel 2013 (-0,4%), ma sarà solo un miraggio. Per il 2014, a politiche invariate, il deficit salirebbe di nuovo a -0,8%. Quanto al debito (previsto al 126,5% nel 2014), Rehn ha avvertito che «il ritmo rallentato di riduzione» rispetto a quanto previsto in primavera, «è fonte di preoccupazione soprattutto nel contesto di una prospettiva di crescita lenta». Il risultato è drammatico quanto scontato: altre correzioni ai conti pubblici. Il commissario agli Affari economici e monetari ha detto chiaramente che «è importante continuare gli sforzi di consolidamento oltre il 2013» ed è «specialmente importante che l’Italia raggiunga e conseguentemente mantenga il pareggio di bilancio in termini strutturali e centri gli obiettivi di riduzione del debito pubblico».
Di identico tenore l’outlook pubblicato una sttimana fa dall’Ocse, in cui tra le altre cose, si sottolineava che le misure di austerità varate dal governo hanno causato il maggior calo dei consumi registrato in Italia dal secondo conflitto mondiale. Per il resto, anche l’Ocse ha rivisto al ribasso le stime di crescita economica per l’Italia, mostrando particolare preoccupazione per la traiettoria di riduzione del debito, che potrebbe avanzare meno rapidamente del previsto e rendere necessario un nuovo aggiustamento fiscale nel 2014. La prospettiva di ulteriori stangate, con conseguente contrazione dei consumi, crollo delle vendite, frenata della produzione industriale, aumento della disoccupazione, forse non è il baratro, ma sembra comunque qualcosa da cui stare il più possibile alla larga.
© Libero
Ed ecco il bello: malgrado la cura da cavallo, neanche i conti sono a posto. La Commissione europea ha infatti confermato che l’Italia otterrà il pareggio di bilancio strutturale nel 2013 (-0,4%), ma sarà solo un miraggio. Per il 2014, a politiche invariate, il deficit salirebbe di nuovo a -0,8%. Quanto al debito (previsto al 126,5% nel 2014), Rehn ha avvertito che «il ritmo rallentato di riduzione» rispetto a quanto previsto in primavera, «è fonte di preoccupazione soprattutto nel contesto di una prospettiva di crescita lenta». Il risultato è drammatico quanto scontato: altre correzioni ai conti pubblici. Il commissario agli Affari economici e monetari ha detto chiaramente che «è importante continuare gli sforzi di consolidamento oltre il 2013» ed è «specialmente importante che l’Italia raggiunga e conseguentemente mantenga il pareggio di bilancio in termini strutturali e centri gli obiettivi di riduzione del debito pubblico».
Di identico tenore l’outlook pubblicato una sttimana fa dall’Ocse, in cui tra le altre cose, si sottolineava che le misure di austerità varate dal governo hanno causato il maggior calo dei consumi registrato in Italia dal secondo conflitto mondiale. Per il resto, anche l’Ocse ha rivisto al ribasso le stime di crescita economica per l’Italia, mostrando particolare preoccupazione per la traiettoria di riduzione del debito, che potrebbe avanzare meno rapidamente del previsto e rendere necessario un nuovo aggiustamento fiscale nel 2014. La prospettiva di ulteriori stangate, con conseguente contrazione dei consumi, crollo delle vendite, frenata della produzione industriale, aumento della disoccupazione, forse non è il baratro, ma sembra comunque qualcosa da cui stare il più possibile alla larga.
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