Qualche sforbiciata sul fronte delle province e sulle società controllate dal Tesoro e dagli enti locali, ma il grosso della spending review gira intorno agli statali e ai costi per i consumi intermedi della Pa. I tecnici del governo sono al lavoro su una serie di bozze che dovrebbero vedere la luce tra domani e martedì, anche se non si escludono ulteriori slittamenti. Le direttrici passano comunque tutte per una robusta dieta dimagrante della Pa, che dovrebbe consentire di rastrellare la quantità maggiore di risorse. L'intero pacchetto, partito da 4 miliardi, è ora lievitato a 5-6. E, secondo molti, la cifra potrebbe facilmente salire a 8-10 miliardi se, come molti nel governo temono, Mario Monti alla fine sceglierà la strada dei tagli lineari piuttosto che quella di una vera e propria spending review selettiva.
Il grosso del bottino, dai 4 ai 6 miliardi, dovrebbe arrivare dalla razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi, compresi quelli della sanità da cui dovrebbero essere recuperati (stando al piano del ministro Renato Balduzzi) circa 1,5 miliardi. È questo il dossier su cui ha lavorato, in coordinamento coi ministeri coinvolti, il supercommissario Enrico Bondi. Ma una quota robusta di risparmi dovrebbe provenire anche dagli interventi sugli statali, attraverso il combinato disposto del piano di tagli messo a punto dal ministro della Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi e dal pacchetto sul pubblico impiego della titolare del Welfare, Elsa Fornero. La riorganizzazione della pianta organica prevede sforbiciate del 20% per i dirigenti, e del 5-10% per le altre fasce. In totale sarebbe circa 10mila i dipendenti coinvolti.
Per una parte di questi scatterà la mobilità all'interno della Pa o, in caso di indisponibilità ai trasferimenti, la cassa integrazione. Per gli altri il governo starebbe pensando ad un maxi-piano di esuberi coperto da uno slittamento in deroga di uno o due anni della riforma delle pensioni. In altre parole, andrebbero a riposo con le vecchie regole tutti coloro che matureranno i requisiti entro il dicembre 2012 o, addirittura, il 2013.
Ma il decreto tagli dovrebbe prevedere anche una riduzione delle tredicesime e il tanto contestato taglio dei buoni pasto dei dipendenti statali. Si è parlato di una riduzione a 5,29 euro (la soglia massima esentasse), dai 7, 8 attuali, dell'importo dei ticket per oltre 450 mila dipendenti pubblici. Ma è più probabile che il governo si limiti ad un allineamento a 7 euro per tutte le amministrazioni centrali e periferiche e gli enti pubblici non economici.
Sul fronte giustizia resta in piedi l'ipotesi avanzata dal ministro Paola Severino di tagliare tribunali e procure attraverso accorpamenti e razionalizzazioni degli uffici giudiziari minori. Mentre sembra ancora in alto mare il dossier Province. La stima degli enti che sparirebbero varia da 10 a 40 a seconda dei criteri utilizzati per l'accorpamento. Più sicuro invece è che i comuni sotto i 1.000 abitanti, circa 4mila, dovranno centralizzare ed unificare i servizi. L'ultimo pilastro dovrebbe riguardare le spa non quotate pubbliche e i 3.217 enti controllati da Stato ed autonomie locali per cui si prevedono snellimenti dei cda e, in alcuni casi, l'eliminazione di società doppione. Dovrebbero, però, restare fuori dall'operazione Poste e Fs, salvate da un emendamento passato alla Camera al decreto di nomina dei commissari esterni che esclude dai tagli «le società a totale partecipazione pubblica e le loro controllate, che esercitano un servizio universale di interesse generale», qualora abbiano chiuso l'ultimo esercizio in attivo.
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