mercoledì 18 luglio 2012

La ricetta per la crescita: arruolare San Gennaro

Ci risiamo. Ora pure i professori vogliono toglierci le feste comandate. Stando ad indiscrezioni raccolte in ambienti vicini a Palazzo Chigi l'ipotesi di ”razionalizzare” le ricorrenze laiche e patronali per raschiare il fondo del barile e recuperare qualche briciola di prodotto interno lordo sarebbe stata sul tavolo del preconsiglio dei ministri di lunedì e potrebbe approdare ufficialmente al Cdm di venerdì. L'idea è vecchia e, stando alle recenti esperienze, irrealizzabile.

L'unico che per un po' riuscì a spuntarla fu Giulio Andreotti. Correva l'anno 1977 quando l'allora presidente del Consiglio fece saltare d'ufficio ben sette festività. A cominciare dall'Epifania, che sparì dal calendario per ben dieci anni prima di essere reintrodotta da Bettino Craxi contestualmente alla firma con il Vaticano del rinnovo dei Patti lateranensi. La legge voluta da Andreotti nel marzo del 1977 fece anche sparire San Giuseppe, Ascensione, Corpus Domini e Ss. Pietro e Paolo. Mentre vennero fatte slittare alla prima domenica di giugno e alla prima di novembre la celebrazione della Festa della Repubblica e dell'Unità Nazionale. Sappiamo poi come è andata. Tutte le festività sono state a poco a poco reintrodotte o, in qualche modo, salvaguardate.

Protagonista dell'ultimo tentativo di sforbiciare le feste locali e nazionali è stato un altro professore: l'ex ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. Fu lui, lo scorso agosto, a sfoderare ed inserire in manovra la norma per accorpare le festività laiche e quelle patronali (quelle religiose sono intoccabili senza modificare il Concordato) alla prima domenica disponibile. L'operazione si rivelò da subito molto complicata. L'ipotesi di mettere le mani su alcune festività laiche (in particolare primo maggio e 25 aprile) provocò l'immediata e vibrante protesta di sinistra, sindacati e antifascisti in servizio permanente effettivo. Moderati e cattolici scesero in campo per le feste patronali e il 2 giugno. Mentre gli operatori del turismo fecero notare al commercialista di Sondrio che per il Paese guadagnare qualche giorno lavorativo e perder soldi per i mancati incassi del turismo riportava a zero il pallottoliere. Sta di fatto che durante l'iter parlamentare un emendamento presentato dal Pd salvò le festività laiche, mentre per quelle patronali «rilevanti e non accorpabili alla domenica», a partire da quella di San Gennaro (che fra l'altro ricorre tre volte l'anno), su cui la Curia di Napoli fece chiaramente capire che non era aria, Tremonti spiegò che sarebbe stato necessario un decreto. Insomma, non se ne fece nulla. Adesso il governo sembra intenzionato a tornare alla carica.

Tra gli sponsor dell'operazione raschia-Pil c'è il sottosegretario all'Economia, Gianfranco Polillo, che recentemente aveva proposto di lavorare una settimana di più per far ripartire l'economia e far risalire il prodotto interno lordo. «Mi auguro», ha detto ieri, «che il problema venga preso di petto» perché aumentare le ore di lavoro degli italiani, magari accorpando anche le festività «è una delle chiavi per risolvere la crisi». «Sono contento di essere stato seguito in questo indirizzo», ha aggiunto con soddisfazione, «l'importante ora è discuterne». Anche perchè «c'è, ad esempio, un problema di rapporti con la Chiesa». E non solo. È bastato ventilare l'ipotesi per fare ripartire il fuoco di fila delle proteste. In fibrillazione le parti sociali, che hanno subito avvertito il governo di scordarsi di poter toccare il primo maggio. L'Associazione Partigiani si è invece già schierata a difesa del 25 aprile. Mentre la Confesercenti ha ribadito che tagliare le festività significa mettere in ginocchio il settore turistico. 


Il sottosegretario dice di non sapere quale sarà la via legislativa scelta (se un decreto ad hoc, un emendamento alla spending review) né si sa ancora per certo se della questione si discuterà già venerdì prossimo in Cdm. Ma una cosa per Polillo è certa: «In Italia il rapporto tempo libero-lavoro è troppo basso. Ad esempio in Alenia è stato firmato un accordo con i sindacati per lavorare 7 giorni a settimana con i turni per un totale utilizzo degli impianti. All'estero già funziona così. Per esempio sono andato il primo maggio a Londra e l'avevano già celebrato la domenica precedente». E gli italiani? «Noi lavoriamo 9 mesi l'anno», ha detto Polillo, «guardate il contratto dei metalmeccanici: per i lavoratori anziani sono previste 5 settimane di ferie, 15 giorni di permessi retribuiti obbligatori, 12 festività civili e religiose e altri 10 giorni tra scioperi, malattie, assenteismo. E se guardiamo i numeri dell'Istat cioè il rapporto tra numero di ore lavorate e numero di addetti il risultato è lo stesso». Secondo Polillo l'aumento dei giorni di lavoro sarebbe addirittura «la premessa per aumentare il margine operativo lordo, i profitti e far ripartire gli investimenti». La tesi, insomma, è che abolendo qualche festa si risolverebbe il problema decennale della scarsa produttività italiana. Via San Gennaro e il Paese torna a correre.

Ne è convinto, a quanto pare, anche Mario Monti, che ha affidato a un trust di tecnici di quattro ministeri (Lavoro, Tesoro, Funzione pubblica e Sviluppo)la fattibilità in base ai possibili risparmi derivanti dall'operazione. In base alle prime ipotesi, le feste patronali potrebbero essere accorpate ad un venerdì oppure ad un sabato o ad una domenica. Ancora non sono stati definiti i reali risparmi, anche se dai primi dati che trapelano dall'Economia i vantaggi potrebbero risultare minimi.

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