Ma quel 70% di tasse che colpisce alcuni imprenditori, dato confermato ieri anche dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, non è che la punta dell’iceberg di un Paese ormai schiavo della voracità e dell’inefficienza della macchina statale. Il quadro tracciato ieri dall’ufficio studi di Confcommercio è catastrofico. L’Italia è già nelle prime posizioni della classifica stando alla pressione fiscale ufficiale, che è del 45,2% nel 2012. Quando poi il calcolo viene fatto inserendo nel conteggio un sommerso che, secondo Confcommercio, è a quota 17,5% del pil, il peso dei tributi balza al 54,8% del pil, ovvero il record mondiale di tasse. Il bello è che siamo arrivati al primo posto proprio mentre tutti gli altri indietreggiavano.
Ma la leva principale per rimettere in equilibrio il sistema, ha spiegato Carlo Sangalli, non può che essere la riduzione della spesa pubblica. Per questo, ha avvertito il presidente di Confcommercio, il governo dovrebbe andare avanti «senza timidezze» sul fronte della spending review piuttosto che pensare ad un ulteriore rialzo dell’Iva. Ipotesi, quest’ultima che potrebbe portare di qui al 2014 ad un calo dei consumi reali di 38 miliardi di euro. In questo modo l’Italia balzerebbe indietro nel tempo di oltre dieci anni, come fossimo in un film di fantascienza, con un pil procapite che torna ai livelli del 1999 e i consumi procapite a quelli del 1998. Un salto a ritroso di quasi quindici anni.
© Libero
Praticamente ci hanno fatto vincere. Dal 2000 al 2012, infatti, in Italia la pressione fiscale è aumentata del 3,4%. Fenomeno che si è verificato, con percentuali nettamente inferiori, solo in Giappone, Norvegia e Francia. Tutti gli altri, che non a caso hanno un sommerso molto più basso del nostro, nello stesso periodo hanno diminuito il peso del fisco. Accanto alle tasse più alte del mondo, le imprese devono poi fare i conti con tutta una serie di “singolarità” italiane. A partire dalla giustizia civile, fino agli adempimenti burocratici. Da noi per ottenere una sentenza definitiva in materia contrattuale servono 1.210 giorni, il triplo della Germania e quattro volte la Francia. I tempi medi di pagamento della Pa alle imprese si aggirano sui 186 giorni, il triplo della Francia e cinque volte la Germania. Per assolvere gli adempimenti fiscali, infine, occorrono 285 ore l’anno, più del doppio della Francia. Messa così, è difficile prendersela solo, come fa Befera ma in generale tutto il governo, coi disonesti che non pagano le tasse. Basterebbe, spiegano gli esperti di Confcommercio, semplificare gli adempimenti, e abbassare le aliquote, magari con i proventi della lotta all’evasione, per riportare alla luce in un colpo solo decine di miliardi di sommerso.
Ma la leva principale per rimettere in equilibrio il sistema, ha spiegato Carlo Sangalli, non può che essere la riduzione della spesa pubblica. Per questo, ha avvertito il presidente di Confcommercio, il governo dovrebbe andare avanti «senza timidezze» sul fronte della spending review piuttosto che pensare ad un ulteriore rialzo dell’Iva. Ipotesi, quest’ultima che potrebbe portare di qui al 2014 ad un calo dei consumi reali di 38 miliardi di euro. In questo modo l’Italia balzerebbe indietro nel tempo di oltre dieci anni, come fossimo in un film di fantascienza, con un pil procapite che torna ai livelli del 1999 e i consumi procapite a quelli del 1998. Un salto a ritroso di quasi quindici anni.
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