venerdì 6 luglio 2012

Draghi riduce i tassi e incastra le banche

La doccia gelata, malgrado il caldo torrido, è piaciuta pochissimo ai mercati. I più ottimisti speravano addirittura nell'annuncio di un'altra iniezione di liquidità a basso costo (Ltro) dopo i mille miliardi già distribuiti nei mesi scorsi. E invece dalla Bce di Mario Draghi non solo non è uscita alcuna misura straordinaria per dare ossigeno alle banche, ma è arrivato, «all'unanimità», un taglio del costo del denaro dall'attuale 1% allo 0,75% (il minimo storico dalla nascita dell'euro) e un azzeramento (dallo 0,25%) dei tassi di interesse sui depositi. Misure che costringeranno gli istituti di credito a togliere i soldi dalla Banca centrale europea (i depositi overnight martedì scorso erano a quota 800 miliardi) e a trasferirli nell'economia reale, che era lo scopo dichiarato delle aste di liquidità.

L'obiettivo di Draghi è quello di dare una scossa al mercato interbancario, spingendo gli istituti a riaprire i rubinetti del credito e ad alimentare così la crescita. Ma c'è chi sostiene che la mossa dell'ex governatore non produrrà gli effetti sperati. E che, anzi, potrebbe portare ad un indebolimento di quegli stessi mercati monetari che si cerca di rianimare.
La risposta delle Borse, in effetti, non è stata molto incoraggiante. A fine seduta Piazza Affari ha lasciato sul terreno il 2,03%, trascinata giù proprio dai bancari. A picco UniCredit (-5,13%) e Intesa Sanpaolo (-4,40%), ma anche Mediobanca (-2,70%), la Popolare di Milano (-3,56%), Mps (-4,35%), Ubi (-4,82%) e Bper (-3,32%). In rosso pure le altre piazze europee: Madrid a chiuso in calo del 2,99%, Lisbona dell'1,67% e Parigi ha registrato una flessione dell'1,17%. In calo anche Amsterdam (-0,59%) e Francoforte (-0,45%). L'unica piazza che ha terminato la seduta in positivo è Londra (+0,14%) dove, non a caso, la Banca centrale d'Inghilterra ha aumentato di altri 50 miliardi di sterline il programma di quantitative easing (stampare moneta per tenere sotto controllo lo spread). Alle stelle, infine, lo spread tra Btp e Bund, che ha chiuso a quota 460, dopo aver aperto a 430.

Ma il taglio dei tassi non è l'unica notizia arrivata da Francoforte che ha fatto storcere il naso ai mercati. Draghi ha infatti ribadito con forza che le misure straordinarie della Bce sono «temporanee» e che al Consiglio dell'Eurotower non si è discusso di aiuti alle banche per il futuro. Anzi, il presidente della Bce ha sottolineato per ben tre volte in conferenza stampa, come aveva già fatto mercoledì Angela Merkel al vertice di Roma, che gli interventi del Fondo salva Stati per favorire la ricapitalizzazione degli istituti in difficoltà e sgonfiare gli spread troppo alti (il famoso scudo) saranno attivati solo «a precise condizioni». Niente regali, insomma. Quanto alle prospettive per l'Eurozona, il quadro è fosco. «La crescita economica», ha spiegato Draghi, «continua ad essere debole, con un'accresciuta incertezza che pesa sulla fiducia». Il rallentamento della crescita, ha aggiunto, ha toccato «tutti i Paesi, compresi quelli più forti» e anche se l'inflazione è sotto controllo (sotto il 2% nel 2013), sulla ripresa persa «una disoccupazione elevata».
È questo lo scenario che ha spinto la Bce ha tagliare il costo del denaro e in cui si inserisce, allargando l'orizzonte, anche la seconda sforbiciata in un mese della Banca centrale cinese sui tassi di interesse. Mossa che lascia intravedere inquietanti rallentamenti anche per la robusta economia del Dragone.
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