venerdì 20 luglio 2012

Rischio trappolone sui tagli alle imprese

Sul piatto ci sono 10 miliardi. Cifra considerevole, che Francesco Giavazzi definisce però il frutto di «un esercizio di stima basato su una serie di ipotesi, talvolta eroiche». Ma più che l'entità dei tagli degli incentivi alle imprese a preoccupare, nella bozza di decreto messo a punto dal professore della Bocconi arruolato dal governo per la spending review, è il meccanismo complessivo indicato dall'economista. 

Dopo aver ricordato che nel 2011 i trasferimenti alle imprese sono ammontati a 36,3 miliardi e aver indicato come si può arrivare alla sforbiciata monstre di 10 miliardi, Giavazzi spiega che l'operazione potrebbe «produrre nell'arco di 2 anni un aumento del pil dell'1,5%». Purché, però, le risorse risparmiate vengano redistribuite alle imprese attraverso una riduzione del cuneo fiscale. Ed ecco il punto. Il piano Giavazzi non mira semplicemente a riorganizzare gli incentivi, ridurre al minimo gli sprechi e limitare gli interventi alle imprese che investono davvero, ma a razionalizzazione l'intera partita del sostegno all'economia attraverso un ribilanciamento delle risorse. In altre parole, quello che si toglie da una parte, si dovrebbe rimettere dall'altra. Sul punto insiste più volte lo stesso Giavazzi. E il tema viene sottolineato con forza, ovviamente, anche da Confindustria. «Dobbiamo eliminare tutti gli sprechi che si sono accumulati negli ultimi 30 anni», ha detto senza esitazioni il presidente Giorgio Squinzi. Poi, la precisazione: «Ben vengano i risparmi se ci vengono restituiti sotto forma di minore imposizione fiscale».

Sulla carta sembra facile, ma la questione è tutt'altro che scontata. Basti pensare a quello che è successo col fondo taglia tasse. A parole tutti lo invocano da mesi, compresi molti esponenti di governo. Lo stesso direttore dell'Agenzia delle entrate Attilio Befera ieri ne ha decantato di nuovo le lodi. Quando si è trattato di inserirlo concretamente in un provvedimento, però, non c'è stato nulla da fare. Alla fine, malgrado gli annunci, la norma per destinare i maggiori proventi derivanti dalla lotta all'evasione fiscale alla riduzione delle tasse non è entrata nel decreto semplificazioni e neanche nel decreto fiscale.

Il rischio è che la storia si ripeta. Il piano Giavazzi potrebbe infatti rientrare in una terza fase della spending review che si renderà necessaria se, alla ripresa autunnale, il governo sarà ancora impantanato nella congiuntura economica negativa e nelle difficoltà di finanziamento del debito pubblico. A quel punto, però, la tentazione di mettersi il bottino dei tagli agli incentivi in tasca, promettendo una futura redistribuzione sarà veramente difficile da evitare. Con conseguenze nefaste, visto che la maggior parte degli interventi riguardano Pmi e Mezzogiorno. Del resto, come dice lo stesso Giavazzi nella relazione che accompagna il provvedimento, «è solo utilizzando una riduzione della spesa per finanziare una corrispondente diminuzione della pressione fiscale che si favorisce davvero la crescita».

La riforma esclude dal taglio gli «incentivi giustificati» e tra questi le norme finanziabili con fondi Ue e quelli legati a istruzione, ricerca, sanità. Ma la sforbiciata sarà consistente su tutti gli altri aiuti concessi finora con molta leggerezza. Gli incentivi alle imprese che sopravviveranno alla razionalizzazione saranno “certificati”. Cioè la loro concessione sarà subordinata alla dimostrazione dell'effetto «addizionale» sull'attività dell'impresa e l'amministrazione che concede gli incentivi dovrà effettuareuna valutazione successiva per verificare l'efficacia del contributo pubblico.

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