Ci hanno provato anche con gli sms. Non passa giorno ormai senza che non spunti un nuovo balzello per coprire lo sbilancio dei conti pubblici che, malgrado la stangata continua, non riesce ad essere annullato. Ieri, del resto, è stato lo stesso viceministro dell’Economia, Vittorio Grilli, ad ammettere implicitamente che le previsioni del governo andranno corrette, ovviamente in peggio visto che il Pil calerà più del previsto. Senza contare, come ha spiegato la Bce nel bollettino, che aumenteranno a dismisura disoccupazione e inflazione. Le stime sul deficit, ha detto Grilli smentendo quelle circolate in questi giorni, «andranno discusse in Consiglio dei ministri».
Siccome i conti non tornano, ecco il balzello quotidiano. Ieri è stato il turno del messaggino sul cellulare. Il blitz, fortunatamente sventato dopo che l’ipotesi è iniziata a circolare sulla stampa e sui siti web, era quella di finanziare il fondo a disposizione della Protezione civile con una tassa di 2 centesimi su ogni sms. Dal momento che, secondo i dati recentemente pubblicati dall’Agcom, i messaggi spediti all’anno dagli italiani sono circa 89 miliardi, è facile calcolare che l’imposta avrebbe portato nelle casse dello Stato, qualcosa come 1,8 miliardi di euro di gettito aggiuntivo. Il che è difficile da capire, considerato che il fondo per le calamità naturali, è di 600 milioni di euro. La norma poi, visto che la maggior parte delle tariffe prevede il pagamento degli sms in un contratto a pacchetto, sarebbe stata di difficilissima applicazione e avrebbe pesato principalmente sulle aziende, considerate alla stregua di un sostituto d’imposta. Nel pomeriggio fonti di Palazzo Chigi hanno fatto sapere che la tassa è sparita dal decreto di riforma della protezione civile che sarà oggi sul tavolo del Cdm. Nessuna cancellazione è però avvenuta di quella che prevede l’aumento di 5 centesimi dell’accise sulla benzina, sempre per finanziare il fondo.
Così come resteranno tutti i balzelli previsti per coprire le spese previste dalla riforma del lavoro. In arrivo una stangata sulle auto aziendali e gli affitti finalizzata alla copertura degli oneri della riforma del mercato del lavoro. Il testo del provvedimento indica infatti in 20,3 miliardi di euro il costo della riforma tra il 2013 e il 2021. Quasi 9 miliardi di euro nel periodo arriveranno dalla stretta sulle deduzioni delle spese per le auto aziendali e dei liberi professionisti e quasi 3 miliardi dalle locazioni. Per finanziare la riforma inoltre aumenterà dal luglio dell’anno prossimo di 2 euro la tassa di imbarco sugli aerei per ogni passeggero, viene introdotta una franchigia di 40 euro sulla deducibilità degli oneri per il servizio sanitario pagati sull’Rc Auto. L’unico taglio di spesa, di 100 milioni l’anno, riguarda le spese di funzionamento di Inps, Inail e Monopoli di Stato. Altri 5 miliardi saranno invece garantiti dalla «riduzione delle dotazioni finanziarie del Programma di spesa Regolazioni contabili, restituzioni e rimborsi di imposta del Ministero dell’economia». In pratica, ci è piombata addosso, senza che ce ne accorgessimo, un’altra manovra da circa 15 miliardi da qui al 2021.
Prospettive poco rosee anche sul fronte Imu, dove le speranze di un alleggerimento sono legate a questo punto alle modifiche paralementari. Alla Commissione Finanze della Camera, tra i 580 emendamenti presentati al decreto fiscale , una quantità consistente riguarda proprio la nuova tassa sulla casa. Il segretario del Pdl, Angelino Alfano, ha ribadito ieri la richiesta che l’Imu sia una tassa straordinaria: «Noi proponiamo che non venga più rinnovata nel 2013 e siccome la botta è grossa proponiamo anche che possa essere pagata a rate». Ma la richiesta di rateizzazione dell’acconto sulla prima casa non figura ancora tra gli emendamenti già presentati. Secondo quanto si apprende, sarà probabilmente proprio il relatore, Gianfranco Conte del Pdl, a presentare questa proposta di modifica, facendo sintesi anche tra le modifiche chieste da altri deputati e percorribili sotto il profilo finanziario.
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