martedì 3 aprile 2012

Dopo la Robin Tax, Enel si becca pure l'austerity di Madrid

Doppia austerity per l’Enel. Dopo la stangata italiana della Robin Hood Tax, il colosso energetico dovrà ora fare i conti anche con le tasse spagnole. Balzelli che si abbatteranno direttamente sulla controllata Endesa. Le brutte sorprese sono contenute nella manovra correttiva da 27 miliardi varata venerdì dall’esecutivo Rajoi. Del bottino complessivo che Madrid intende recuperare, almeno 3,1 miliardi dovrebbero arrivare dal settore dell’energia. Con l’aumento delle tariffe elettriche del 7% il governo conta di raccogliere circa 1,4 miliardi. Altri 1,7 saranno coperti con tagli ai costi nella generazione elettrica, mentre nel settore del gas è previsto un incremento del prezzi del 5%.

Secondo gli analisti di Intermonte il peso per Endesa in termini di minori margini di generazione e distribuzione elettrica potrebbe aggirarsi tra i 350 e i 400 milioni. Se così fosse il colpo non si discosterebbe molto da quello già arrivato con l’aumento delle tasse (dal 6,5 al 10,5%) deciso da Giulio Tremonti nella manovra estiva, che ha provocato un esborso aggiuntivo per l’Enel di circa 400 milioni l’anno. Se, però, per compensare la Robin Tax l’ad Fulvio Conti ha messo in campo una robusta sforbiciata dei dividendi (dal 60 al 40% degli utili), per le tasse spagnole non sembrano essere state previste adeguate contromisure. I target del piano strategico 2012-2016, insomma, non avevano fatto i conti con la variabile Rajoi. Le ripercussioni concrete sono tutte da valutare, ma che il colpo si farà sentire nessuno lo mette in dubbio. Una mazzata da 350 milioni sull’ebitda di Endesa è la stima di Mediobanaca. Equita prevede invece un impatto di 300-350 milioni sia per la società spagnola sia per Enel (-3% di ebitda). Più ottimisti gli esperti di Bnp Paribas, che stimano un contraccolpo sul margine operativo lordo (mol) di Enel del 2% (intorno ai 284 milioni). Mentre Banca Akros parla di un -13% sull’ebitda del business della distribuzione (che in Endesa è il 25% del totale) e un -5% sul mol del gruppo.

Tali stime non tengono però conto di eventuali ritorni dovuti alla parte di aumenti tariffari. Né bisogna dimenticare che il mercato da tempo aveva acceso i riflettori sulle incognite del mercato spagnolo sul fronte regolatorio. Anzi, secondo Intermonte, le notizie arrivate da Madrid sono positive, visto «che rimuovono un forte elemento di incertezza e promuovono una copertura del deficit condivisa tra consumatori e produttori». La vedono diversamente dalle parti di Mediobanca, secondo cui le dichiarazioni del governo farebbero pensare ad un primo passo verso la sostenibilità del sistema energetico. In altre parole, il peggio deve ancora venire. Gli analisti consigliano cautela su tutte le utility spagnole, non escludendo «altre misure negative nei prossimi mesi, come l’imposta una tantum sul nucleare con un impatto stimato su Endesa-Enel di 270 milioni».
Le cose non vanno molto meglio anche fuori dalla Spagna. La situazione in Argentina, dove Endesa è il primo operatore elettrico, è fortemente instabile e il rischio che il governo guidato da Cristina Kirchner possa mettere in campo ulteriori misure dirigiste è sempre più concreto. L’esecutivo sta intensificando le pressioni sulle aziende per far restare gli utili nel Paese e dietro l’angolo c’è sempre la minaccia della nazionalizzazione dell’intero settore energetico.
Per il momento, comunque, l’Enel non sembra comunque intenzionato a mollare la presa né sull’Argentina né sull’intero mercato Sudamericano, dove la domanda di energia è in forte ascesa, a differenza dell’Europa. Nel piano industriale dell’Enel è infatti previsto che dei 10,7 miliardi di investimenti al 2016 il 50% (rispetto alla precedente quota del 47%) andrà proprio nei Paesi latinoamericani.

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