Se, infatti, l'F24 va bene per giugno e i bollettini potranno essere utilizzati solo da dicembre, come diavolo si verserà la seconda rata? E se nel frattempo il Comune avrà chiuso il bilancio e definito nuove addizionali. Bisognerà ricalcolare tutto. Resta poi la grande incognita di dicembre, dove, oltre alle oscillazioni consentite agli enti locali, potrebbe anche arrivare la variazione complessiva delle aliquote base da parte dello Stato che rimetterebbe tutto in discussione. Insomma, tutto fa pensare che l'Imu si trasformerà in un bagno di sangue per i contribuenti. Valori errati, scadenze non rispettate, moduli confusi.
Persino Domenico Siniscalco, ex ministro dell'Economia ed ora presidente di Assogestioni nonché country head per l'Italia di Morgan Stanley, che di numeri ne sa qualcosa, ha dichiarato ieri di non essere sicuro di saper pagare un balzello così contorto e mutevole. Figuriamoci i comuni contribuenti. L'errore è dietro l'angolo, considerata anche l'assenza di qualsiasi precedente per milioni di italiani che, grazie all'abolizione dell'Ici sulla prima casa disposta dal governo Berlusconi, non sanno neanche come sia fatta un'imposta sulla casa.
Qualcuno potrebbe pensare che i Comuni, che intascheranno i tributi, si faranno in quattro per aiutare, spiegare, instradare. E fare in modo che tutti i contribuenti, alla fine, versino il complicato balzello. Tutt'altro. Un diabolico meccanismo legislativo in materia di riscossione farà si che i Comuni abbiano esattamente l'interesse opposto.
Nei piccoli paesini la voce gira già con insistenza. Meno Imposta municipale unica si paga, più il sindaco potrebbe offrire servizi alla comunità. Il motivo è presto spiegato. Se il gettito dell'Imu sulla prima casa andrà interamente nelle casse comunali, per gli altri immobili il municipio dovrà fare a metà con lo Stato centrale. Una seccatura che riguarda, però, solo le imposte direttamente versate. Diverso è il discorso del recupero del tributo non pagato.
In quel caso il gettito derivante dagli accertamenti fiscali del comune resta interamente attribuito all'amministrazione locale, incluso sanzioni e interessi. Insomma, paradossalmente, meno italiani pagano l'Imu e più il Comune potrebbe guadagnare.
Il combinato disposto dell'impossibilità materiale di versare l'imposta da parte di una bella fetta di popolazione e dell'interesse concorrente dei comuni potrebbe portare ad un effetto devastante quanto scontato. Il pericolo è contenuto in alcuni piccoli cavilli inseriti senza clamore nel decreto.
Da una parte ci sono i Comuni, che entro il 30 settembre, sulla base dei primi dati sul gettito potranno modificare aliquote e detrazione. Dall'altra c'è lo Stato, che entro il 10 dicembre, con uno o più decreti della presidenza del consiglio dei ministri su proposta del ministero dell'Economia, potrà anch'esso ritoccare le aliquote e le detrazioni oggi stabilite per l'abitazione principale per assicurare l'ammontare di gettito previsto per il 2012.
In altre parole, se l'incasso complessivo realizzato dal Tesoro da qui a dicembre non permettesse di prevedere il raggiungimento dei 9 miliardi stabiliti a monte dal decreto Salva Italia il governo potrebbe alzare le aliquote a proprio piacimento per far tornare comunque i conti. Cosa che, considerata la situazione, appare più una certezza che una probabilità.
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