sabato 28 aprile 2012

Stato di polizia fiscale. Arriva la taglia sugli evasori

L’aria che tira si è capita da un pezzo. I blitz degli ispettori del fisco nelle località turistiche e modaiole, il bollino blu per i commercianti “onesti” proposto da Attilio Befera, la blacklist di quelli “disonesti” uscita solo all’ultimo dal decreto fiscale, il tormentone del supercomputer Serpico che ficcherà il naso nei nostri conti correnti per calcolare a tavolino quanto dovremo pagare di tasse. Ma se l’obiettivo è alimentare il conflitto sociale, le norme contenute in una bozza di decreto che sta circolando in questi giorni rappresentano l’arma finale. L’idea è semplice quanto devastante: trasformare i cittadini in un esercito di cacciatori di taglie attraverso un meccanismo premiale che incoraggi la delazione del presunto evasore fiscale.

Può sembrare uno scherzo, ma il documento, stando a quanto riporta il quotidiano Milano Finanza, esiste davvero. «Qualora le sanzioni per violazioni delle leggi fiscali e tributarie siano casualmente riconducibili a una denuncia di un soggetto privato», si legge in un articolato di legge allo studio dei tecnici del ministero dell’Economia, al denunciante spetta una percentuale tra il 10 e il 30% della sanzione». La norma puntualizza anche che «la percentuale è determinata in relazione alla quantità e alla qualità delle informazioni contenute nella denuncia». I “trenta denari” non sono invece previsti per «i soggetti che hanno acquisito l’informazione in ragione del proprio ufficio pubblico o che hanno l’obbligo di denunciare l’illecito tributario».
Tradotto in cifre, l’effetto della disposizione al vaglio del dicastero guidato operativamente da Vittorio Grilli e formalmente dallo stesso premier Mario Monti, significa che su una sanzione di 100mila euro il contribuente-poliziotto potrebbe mettere in tasca fino a 30mila euro. Somme rivelanti, che innescherebbero una spirale perversa di spiate e controspiate dagli esiti assai dubbi sotto il profilo della lotta all’evasione, ma assolutamente prevedibili sul terreno della tensione sociale.

C’è, d’altra parte, chi sostiene sia proprio questo, più che il contrasto all’illegalità tributaria, il reale obiettivo del governo. Secondo alcune indiscrezioni parlamentari raccolte dal neonato sito politico Il Retroscena.it, anche dietro i blitz clamorosi degli ispettori del fisco, rivendicati dallo stesso direttore dell’Agenzia delle Entrate come iniziative esemplari a scopo deterrente, c’era l’idea di dare uno «sfogo immediato, di pancia, diretto a quei ceti medio-bassi» colpiti «da quello che viene definito senza mezzi termini uno dei più grandi prelievi obbligatori degli ultimi anni». Come ha detto ieri il leader della Uil, Luigi Angeletti, «il peso delle tasse si mangierà tutta la tredicesima del 2012». Secondo l’analisi, rigorosamente anonima, di alcuni deputati di maggioranza vicini al governo, dopo aver varato le stangate fiscali a Palazzo Chigi «ci fu chi iniziò a preoccuparsi seriamente della reazione della gente».

Da qui l’idea di dare in pasto al popolo qualche ricco evasore (o presunto tale) da sbranare ben bene. La logica sembra coincidere perfettamente con il provvedimento che circola negli uffici di Via XX Settembre. In realtà, per identificare lo stile di governo non c’è affatto bisogno di scomodare la dietrologia. Il ricorso alla spiata è stato infatti già codificato nel decreto fiscale. Sebbene siano uscite dal testo «le liste selettive di contribuenti» segnalati, la norma prevede che il fisco, «nell’ambito dell’attività di pianificazione degli accertamenti, tenga conto anche delle segnalazioni non anonime di violazioni tributarie». Un vero e proprio premio alla delazione è invece l’ipotesi allo studio dei ministri Patroni Griffi e Severino nell’ambito degli emendamenti al ddl anti-corruzione. Le proposta prevede la creazione di uffici per le denunce, garantite dall’anonimato, che i dipendenti pubblici potranno presentare in cambio di una ricompensa. Il premio, guarda caso, ammonta al 30% della somma recuperata dall’erario.

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