venerdì 13 maggio 2011

Le armate di Giulio invadono Lactalis

Prima o poi doveva accadere.  La bomba è esplosa ieri mattina, quando gli uomini delle Fiamme Gialle sono piombati negli uffici di quattro banche e due società di consulenza per passare al setaccio la documentazione sulla scalata di Lactalis a Parmalat.

Il corso degli eventi ha voluto che a svolgere le indagini sui presunti illeciti relativi all’operazione che ha permesso ai francesi di salire al 29% dell’azienda di Collecchio siano militari che dipendono gerarchicamente dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che per bloccare l’assalto ha addirittura varato in tutta fretta una serie di misure legislative a difesa del gruppo italiano. Ma il legame finisce qui. Le perquisizioni effettuate ieri dalla Guardia di Finanza, nelle vesti di polizia giudiziaria, sono infatti state disposte dalla procura di Milano nell’ambito dell’inchiesta aperta dal pm Eugenio Fusco dopo la presentazione di un esposto da parte dell’ad di Parmalat, Enrico Bondi.

Nel mirino della Gdf sono finiti gli uffici milanesi di Credit Agricole, Societé Generale, Intesa Sanpaolo, di due società di pubbliche relazioni, Image Building (che segue la comunicazione di Lactalis in Italia) e Brunswick (che ha seguito i tre fondi che hanno ceduto le loro quote ai francesi), e di uno degli indagati. Ed è proprio sui nomi degli indagati che ieri si è concentrata l’attenzione di analisti ed osservatori.
Le accuse di aggiotaggio e insider trading sono scattate per Fabio Cané, responsabile dei Progetti speciali e del Private Equity della divisione Corporate di Intesa Sanpaolo, e per la moglie Patrizia Micucci, capo dell’investment banking in Italia di Societé Generale. Ma tra gli indagati ci sono anche Carlo Salvatori, presidente di Lazard Italia un tempo molto vicino al superpresidente di Intesa, Giovanni Bazoli, e Massimo Rossi, che era stato designato ad ad interim nella lista dei fondi esteri per il cda di Parmalat.

Secondo la ricostruzione dei fatti messi insieme dal magistrato, i tre indagati per aggiotaggio, Micucci, Salvatori e Rossi, «diffondevano false notizie e ponevano in essere artifizi, concretamente idonei ad alterare il corso del titolo» di Collecchio. Più complicata la situazione di Canè, accusato di insider trading e oggetto di perquisizioni oltre che nell’ufficio personale anche nell’abitazione privata, il quale, «in possesso di informazioni privilegiate relativamente al prezzo che avrebbe offerto Intesa per l’acquisto del 15,3% del capitale di Parmalat dai fondi le comunicava, al di fuori dell’esercizio delle sue funzioni, a Patrizia Micucci», consorte nonché advisor di Lactalis come dirigente di SocGen. La sostanza è che Canè avrebbe permesso ai francesi di offrire un prezzo di poco superiore a quello di Intesa, il giusto necessario a permettere ai francesi di spuntarla e di partire alla conquista del gruppo italiano.

Se il quadro accusatorio fosse confermato la situazione per i francesi si metterebbe decisamente male. Certo, ieri Lactalis si è affrettata a spiegare che nessun rappresentante della società è sotto indagine e che l’acquisto delle azioni è stato effettuato «in totale trasparenza e correttezza». Ma l’indagine della procura, a cui si aggiunge quella della Consob, che sta proseguendo gli accertamenti, sarebbe probabilmente sufficiente a bloccare l’Offerta d’acquisto su cui si stanno già concentrando le contromosse non solo del gruppo e delle principali banche italiane, ma anche di Via XX Settembre. Allo stesso tempo, però, la situazione non sembra facile neanche per Intesa, capofila della cordata che dovrebbe sottrarre Parmalat agli appetiti dei francesi. L’istituto di credito milanese ha dichiarato ieri di «non avere mai avuto evidenze di elementi in base ai quali ritenere l’operato del dottor Fabio Canè lesivo degli interessi della banca». Una comunicazione laconica che rischia di scaricare il peso dell’accaduto sul capo della divisione corporate Gaetano Micciché.

Nell’attesa di valutare le conseguenze dei blitz di ieri, comunque, le operazioni vanno avanti. Nel primo pomeriggio di oggi si riunirà il cda di Parmalat per approvare i conti del primo trimestre ma anche per esaminare l’offerta francese da 2,6 euro per azione. Secondo i pronostici i consulenti potrebbero constatare che il prezzo offerto non sia equo, considerato che Lactalis ha pagato 2,8 euro per azione per acquistare il 15,3% dagli stessi fondi.

© Libero