lunedì 9 maggio 2011

Confindustria ormai è un partito

Moltissime presenze, poche proposte, tranne quella di assumere il controllo dell’Istituto per il commercio estero se il governo dovesse decidere di privatizzarlo, e le immancabili critiche all’azione di Palazzo Chigi. I numeri delle grandi assise di Confindustria a Bergamo sono impressionanti: oltre 5.700 imprenditori, più di 340 interventi. Di stimoli, però, stando ad un anonimo imprenditore che ha deciso di rompere il patto del silenzio sulla pagine di Twitter, ne sarebbero arrivati pochini. «La maggior parte degli interventi», scrive sul social network la misteriosa gola profonda, «sono confusi e noiosi. Poche proposte. Meglio che non ci siano giornalisti a sentire questa roba».

Ad animare il conclave degli industriali è stata la voce dissonante degli imprenditori del Veneto, rappresentati da Andrea Tomat, che nel suo intervento non avrebbe risparmiato le critiche alla presidente Emma Marcegaglia, denunciando una scarsa attenzione dell’associazione verso le imprese del Nordest. Qualcuno non ha esitato a parlare di fronda veneta ai vertici di Viale dell’Astronomia. Definizione che ha costretto Tomat ha precisare il senso del suo intervento. Una spinta «di stimolo al sistema», ha detto, «nessuna critica alla gestione di Confindustria». Più articolata la posizione di Aurelio Regina, che secondo molti si sta preparando per la corsa alla successione che si aprirà il prossimo anno. Il leader degli imprenditori laziali avrebbe incentrato il suo intervento sulla Confindustria del futuro, su cosa dovrebbe cambiare nel sistema associativo. «Quasi una piattaforma elettorale», ha detto un imprenditore, ricordando che Regina, può contare su un buon rapporto con Luca Cordero di Montezemolo. I giochi per il dopo Marcegaglia hanno tenuto banco alle assise di Bergamo. Ed alcuni ritengono non casuale la decisione della presidente di misurare il suo consenso attraverso un’insolita votazione via sms sui punti programmatici usciti dai vari tavoli di lavoro.
Tra i cavalli favoriti c’è sicuramente Giorgio Squinzi, patron della Mapei e presidente della potente Federchimica. Squinzi è stato uno degli artefici dell’ascesa della Marcegaglia in contrapposizione alla gestione Montezemolo. Ed ora sembra disposto a prenderne il testimone nel nome della continuità “politica” dell’associazione. Il patron della Mapei, gruppo con aziende sparse in tutto il mondo e 1,6 miliardi di fatturato, potrebbe anche contare sull’appoggio dell’Assolombarda, il cui voto è stato determinante in tutte la storia delle presidenze di Confindustria. Un eventuale concorrente potrebbe essere Gianfelice Rocca che, si dice, avrebbe l’appoggio dell’asse Montezemolo-Della Valle nel caso Regina dovesse fare un passo indietro.

Al termine dei lavori è arrivato l’atteso e scontato affondo contro il governo. A partire dalla risposta a Silvio Berlusconi. «Il presidente del Consiglio ci chiede di fare qualcosa di più? Pensiamo di farlo tutti i giorni», ha detto, «visto che contribuiamo al 70% alla crescita del pil. Noi lo teniamo in piedi questo Paese». Al governo, ha aggiunto la Marcegaglia, «non chiediamo aiuto. Il nostro è un senso di solitudine dettato dal fatto che sono sempre le riforme che vengono chieste, ma non vengono mai fatte». Tra le priorità, secondo il numero uno di Confindustria, c’è il bisogno che «lo Stato riduca in maniera netta la sua funzione e la sua presenza». E ciò «che lo Stato oggi fa male» dovrebbe farlo Confindustria. Se la gestione dell’Ice fosse privatizzata, ad esempio, «noi ci candidiamo a prenderla in considerazione». Resta imprescindibile, poi, la riforma del fisco, su cui deludono sia la maggioranza sia l’opposizione. «L’Irap», ha detto, «deve sparire» e «i lavoratori devono avere sgravi consistenti». Quanto ai contratti, la presidente ha ribadito la validità dell’accordo del 2009, confermando l’importanza dei contratti aziendali. Sulla tragedia della Thyssen, infine, pur considerando fondamentale l’impegno per la sicurezza, per la Marcegaglia la condanna dell’ad a 16 anni per omicidio volontario «rappresenta un unicum in Europa».  

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