giovedì 19 maggio 2011

Atene è pronta a privatizzare tutto, ma non venderà i gioielli al giusto prezzo

Dai ministri finanziari della Ue era arrivata un’apertura. La Bce invece boccia senza appello ogni ipotesi di ristrutturazione pilotata del debito greco. Anche quella soft lanciata dal presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, che prevede solo un allungamento delle scadenze dei titoli.

Può essere «solo una soluzione di ultima istanza», ha ammonito il numero due dell’Eurotower, Vitor Constancio, seguito da Jurgen Stark e Lorenzo Bini Smaghi, rispettivamente capo economista e membro del board della Banca centrale europea. «Ora si parla di soft restructuring», ha sottolineato l’economista italiano, «cercando di inventare qualcosa per ridurre il peso del debito. Come se, in una società avanzata, il fatto che gli Stati non rimborsino i debiti non sia un fattore devastante per la stabilità finanziaria complessiva». Per assicurare la sostenibilità del proprio debito, ha insistito Stark, Atene «deve attuare fino in fondo il programma di risanamento finanziario e di riforme strutturali» negoziato con Commissione Ue, Bce ed Fmi, a partire dall’ambizioso piano di privatizzazioni da 50 miliardi di euro. Questa è la via maestra.

E proprio ieri il governo greco ha nominato gli advisor che seguiranno l’eventuale processo di vendita delle quote statali di due compagnie. Il ministro delle Finanze ha annunciato che Rothschild & Sons, Ubs, Alpha Bank e lo studio legale ateniese Koutalidis copriranno tale funzione nel processo di vendita delle quote nella compagnia del gas Depa, mentre Kpmg e lo studio legale Fdma seguiranno il piano di privatizzazione di Hellenic Defence Systems. Deutsche Bank e National Bank dovranno invece esprimere il loro parere sul piano di vendita del 34% della quota statale in Opap, la più grande compagnia di gioco europea, per un valore pari a 1,5 miliardi di euro a prezzo di mercato.
Ma il governo di Atene ha indicato vari advisor per 15 diversi progetti di privatizzazione che includono anche le concessioni autostradali, le frequenze, la compagnia ferroviaria pubblica, la vendita di immobili dello Stato. Tra le banche e società nominate ci sono anche HSBC, BNP Paribas, Credit Suisse, Ernst and Young e Citigroup.

Le vendite fanno parte di un piano di privatizzazioni attraverso il quale la Grecia punta a raccogliere circa 50 miliardi di euro in 4 anni. Sulla carta l’operazione non è impossibile. L’elenco mostrato dagli organismi internazionali parla di 75 miliardi di attività finanziarie, 12 di valuta, 2 in azioni, 39 in titoli di aziende pubbliche quotate, 121 in realtà statali più beni immobiliari per 250 miliardi. In pratica tutto sembra molto complicato.  Basti pensare che negli ultimi venti anni la Grecia è riuscita a mettere sul mercato solo 29 miliardi di asset.
L’alternativa è una grande svendita, stile saldi di fine stagione. Per riuscire a piazzare qualcosa in tempi brevi non basteranno, però, i prezzi bassi né gli advisor più abili. Così, si partirà dalle dismissioni più semplici e più appetibili. A cominciare dalla Ote, la compagnia telefonica su cui esiste già un’opzione a vendere al partner storico Deutsche Telekom. Ma già le programmate vendite di Dei e Depa (rispettivamente elettricità e gas) saranno molto più complicate. Chi comprerà dovrà poi vedersela con implicazioni sociali ed occupazionali non da ridere. Gli sconti, presumibilmente, dovranno essere sostanziosi.

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