Forse neanche super Mario riuscirà nell’impresa. Per carità, i soldi che nei prossimi mesi l’ex capo della Bce dovrebbe avere a disposizione non sono pochi. Anzi, sono tantissimi. Al di là del saldo netto per l’Italia al termine dell’operazione Recovery, tutto da verificare, Draghi potrà maneggiare nel breve periodo più di 200 miliardi di euro. Una montagna di quattrini. Ma risollevare il Mezzogiorno dalla sua situazione di drammatico degrado è ormai qualcosa che attiene più alla fantascienza che all’economia. Le Regioni del Sud, infatti, non devono recuperare terreno solo nei confronti del resto d’Italia, ma dell’intero continente, che anche nelle aree più deboli e svantaggiare sembra viaggiare sempre a ritmi più elevati.
L’ennesima cartella clinica sulla precaria salute del Meridioni è arrivata in questi giorni dall’Eurostat (l’istituto di statistica Ue), che ha aggiornato le tabelle sugli indici di povertà dell’Unione con i dati del 2019. Si tratta, fate attenzione, di rilevazioni pre Covid, il che significa, stando alle analisi realizzate in questi ultimi mesi dai centri studi specializzati, che nel 2020 potrà solo andare peggio. Ebbene, volete sapere quali sono le Regioni della Ue dove il disagio sociale è più diffuso generalizzato? Forse qualche piccola enclave dei balcani? Un territorio dimenticato dell’Europa dell’Est? Macché, la Sicilia e Campania. Eh sì, proprio loro.
Congiuntura
Nel primo caso il rischio di povertà (coloro che hanno un reddito disponibile inferiore al 60% del reddito mediano nazionale) raggiunge il 41,4% della popolazione, nel secondo il 41,2. Un caso? Una congiuntura particolarmente sfortunata? Non proprio. Lo scorso anno in testa c’erano sempre loro, seppure a parti invertite. La Campania era al 41,4, mentre la Sicilia al 40,7. Ma il bello, o il brutto, è che le due Regioni del Mezzogiorno non si schiodano dalla vetta da anni. Nel 2010 stavano sempre là, sul podio europeo dei pezzenti. Ad insidare il triste primato, tanto per avere un’idea di come si snocciola la classifica, c’è il Nord-Est della Romania, terza, e subito dopo Ceuta e Melilla, due enclave spagnole in Marocco. Ma l’Italia del Sud è tutta ben rappresentata nella parte alta della lista (153 Regioni censite).
Al 12esimo posto c’è la Calabria (30,9%), al 13esimo la Puglia (30,4%), al 18esimo la Basilicata (27,1%) e il Molise (26,5%).
Le cose vanno ancora peggio se al rischio di povertà aggiungiamo anche l’esclusione sociale, che comprende chi vive in famiglie a bassa intensità di lavoro e chi ha problemi di deprivazione materiale. Campania e Sicilia sono sempre in testa, con rispettivamente il 49,7 e il 48,7%. Praticamente in queste Regioni una persona su due si trova in condizioni di profondo disagio. In questo elenco la Calabria sale all’ottavo posto (39,8%), il Molise all’11esimo (38,1%) e la Puglia (37,4%). Solo la Basilicata se la cava un po’ meglio, scendendo al 25esimo posto (34,7%). Per un termine di confronto è utile ricordare che la media europea si attesta al 20,8%.
Reddito di cittadinanza
Malgrado il disastro c’è chi, come Pasquale Tridico, ieri ha avuto il coraggio di festeggiare. In effetti, a livello complessivo l’Italia ha fatto registrare una leggera diminuzione dal 27,3% del 2018 al 25,6%. Ed impercettibili passi indietro li hanno fatti anche alcune delle Regioni che svettano tra le peggiori di Europa. Tanto è bastato a Pasquale Tridico per rivendicare il ruolo fondamentale giocato dal reddito di cittadinanza, che avrebbe favorito il calo nel 2019 e, soprattutto, evitato lo sfacelo nel 2020, quando a colpire i redditi più bassi ci si è messo pure il Covid.
Pandemia a parte, dove gli schemi sono ovviamente saltati, sostenere che la paghetta grillina sia la soluzione al problema appare quanto meno azzardato. Anzi, è proprio quel 2019 celebrato da Tridico a decretarne il fallimento. Malgrado i 7 miliardi spesi, di cui oltre il 60% andato al Sud, la Sicilia ha incrementato il rischio di povertà, la Campania, regina del reddito, è scesa solo di uno 0,2%. La Calabria dell’1,8 , mentre la Puglia ha addirittura incrementato la percentuale, passando dal 26,8 al 30,4. Risultati leggermente migliori si sono avuti sul fronte dell’inclusione sociale. Ma se questo è il metodo per riacciuffare i livelli europei, non basteranno 10 generazioni ad ottenere lo scopo.