Un tributo all’uomo, un omaggio al politico, il dolore per un prematuro distacco? Macché. A spiegare il caloroso applauso con cui i funzionari della presidenza del Consiglio hanno salutato Giuseppe Conte ci pensa la Cgil. Benefici medi, si legge in un recente comunicato del sindacato sul rinnovo contrattuale 2016-2018, per 126 euro per 13 mensilità, arretrati (a partire dal 2016) per 5.387 euro medi, ulteriori 146 euro medi al mese provenienti dagli stanziamenti in legge di bilancio, 43 euro medi al mese da ripartire con la contrattazione integrativa. La partita è ancora in corso per l’opposizione di tre sigle (Snaprecom, Sipre e Ugl), che stanno cercando di spillare qualche quattrino in più, ma è praticamente chiusa. E non è tutto, perché oltre all’aumento di stipendio (quello medio oggi si aggira sui 40mila euro) dei circa 2mila dipendenti è in fase avanzata anche il tavolo sul contratto dei 300 dirigenti (stipendi tra i 100 e i 200mila euro in base alla qualifica), che prevede un aumento medio di 331 euro che, sommando tutte le voci, può arrivare fino a 1.126 euro.
Insomma, di fronte a tali incrementi retributivi, e considerato che le paghe sono ferme da circa un decennio, chiunque si sarebbe spellato le mani per ringraziare il premier beneffatore (ovviamente a spese dei contribuenti).
Ma c’è dell’altro. Sentite cosa ha scritto l’Adnkronos il 20 ottobre del 1998: «Romano Prodi ringrazia e saluta i dipendenti di Palazzo Chigi, che rispondono con un applauso».
Un caso? Un privilegio dei professori che vanno al governo? Neanche per idea. Se vi fate un giro su youtube potete agevolmente assistere allo scroscio che ha segnato l’uscita di Paolo Gentiloni e a quello che ha accompagnato l’ultimo giorno in carica, il 22 febbraio 2014, di Enrico Letta (rimasto a Palazzo Chigi appena 9 mesi), con gli applausi partiti addirittura prima che la fanfara delle forze armate concludesse il suo stacchetto d’ordinanza e durati per qualche minuto.
E non si tratta di una prerogativa dei leader di sinistra. Già, persino il terribile Silvio Berlusconi fu acclamato dai dipendenti. Anche più degli altri. Il 17 novembre del 2011, infatti, qualche serioso ed austero funzionario della presidenza del Consiglio, tanto il coinvolgimento durante il commiato, si è anche azzardato a lanciare qualche «bravo!» all’indirizzo del Cavaliere.
Insomma, tanta fuffa per niente. Il saluto dei dipendenti dalle finestre interne di Palazzo Chigi è da decenni una consuetudine. Qualcuno becca più applausi, altri meno. Ma non c’è un premier che abbia lasciato l’edificio seguito da fischi o da imbarazzanti silenzi. L’unica vera novità dell’addio di Conte sono, probabilmente, le lacrime di Rocco Casalino. La disperazione del portavoce, quella sì, ci mancava. Qualcuno, malizioso, sostiene che il pianto sia dovuto al pensiero dei suoi 170mila euro l’anno che prendono il volo. Altri che sia stata solo una scenetta orchestrata ad arte per rubare la scena all’ex capo del governo e tirare la volata alla sua autobiografia da pochi giorni nelle librerie. Ma, ovviamente, si tratta solo di malignità senza alcun fondamento. Prima di andare via, comunque, il giornalista grillino non ha potuto fare a meno di piazzare un’ultima bufala: «L’applauso che il Palazzo ha tributato a Conte è stato sentito, lungo, credo senza precedenti»