Altro che scappare per la Brexit, dal Regno Unito adesso nessuno vuole andare più via. A meno che non si tratti di una bella vacanza, che quest’estate probabilmente sarà consentita solo ai britannici, che hanno già il vaccino in corpo e possono scorrazzare a proprio piacimento per il mondo. Il ministro del turismo greco, tanto per dire, ha già annunciato la creazione di un corridoio con Londra per facilitare i viaggi degli “immuni” nel suo Paese e sta studiando la possibilità di aprire selettivamente le frontiere già da maggio, promettendo anche una campagna vaccinale massiccia per tutti i dipendenti delle strutture turistiche e aeroportuali elleniche. Ma non è che una delle mille destinazioni che potranno essere scelte.
L’idea di quello che sta per succedere ai sudditi della Regina Elisabetta arriva dalle sale operative delle principali compagnie aeree britanniche, che dopo l’annuncio di Boris Johnson sul cronoprogramma per l’uscita dalla pandemia (noi neanche siamo riusciti a fare quelli, ben più semplici, del Recovery plan) sono state letteralmente sommerse dalle richieste di biglietti. EasyJet ha fatto sapere che le prenotazioni di voli sono aumentate in poche ore del 337%, con punte del 630% per il periodo delle vacanze. Un assalto simile a quello registrato da Ryanair, che si aspetta il tutto esaurito per le destinazioni più gettonate come la Spagna, l’Italia e la Grecia. L’effetto del piano in quattro tappe verso la libertà illustrato dal primo ministro è stato immediato anche sulle agenzie di viaggio e tour operator. In sostanza, ancor prima di riaprire le scuole (avverrà l’8 marzo), che è il primo passo di un percorso verso la riapertura totale che si concluderà il 21 giugno, il governo inglese è già riuscito a rimettere in moto l’economia.
Ma non è tutto qui. Mentre i britannici hanno giustamente voglia di uscire, gli altri non vedono l’ora di entrare. Secondo la società di consulenza finanziaria Bovill, infatti, ci sarebbero circa mille società finanziarie dell’Unione europea che stanno pensando di aprire per la prima volta un ufficio nel Regno Unito. Tra queste ci sarebbero 100 banche e oltre 400 compagnie di assicurazione.
[TIT-ALT-TXT]niente controesodo
[/TIT-ALT-TXT]Non vi basta? Sentite cosa ha detto ieri il console italiano a Londra Marco Villani: «Non sembra che la Brexit abbia fermato gli arrivi dei nostri cittadini in questo Paese». Anzi, secondo l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) nel 2020 gli ingressi, che sono in aumento dal referendum del 2016, hanno addirittura subito una forte accelerazione. Le iscrizioni, ha spiegato, «sono state oltre 65mila, ben più dei 12.500 rimpatri, trasferimenti e cancellazioni registrati nello stesso periodo». Il risultato è una crescita degli italiani nel Regno Unito del 15%. «E gran parte di chi si è trasferito», ha concluso il console, «lo ha fatto con l’intenzione di restare».
Tanto per chiudere, secondo la società di consulenza immobiliare Frank Knight, Londra ha superato in questi mesi New York per la presenza di milionari residenti: 875mila nella capitale britannica contro 820mila nella metropoli americana.
Catastrofe per la Ue
Insomma, chi sosteneva che la Brexit sarebbe stata una catastrofe probabilmente aveva ragione. Solo che non lo è stata per la perfida Albione, ma per l’Europa, che di fronte all’emergenza ha mostrato tutta la sua debolezza. Ursula von der Leyen, pur avendo ammesso solo qualche giorno fa i suoi errori nella gestione dei contratti con le case farmaceutiche, ieri ha tentato di farci credere che la Gran Bretagna non sta facendo tutti questi vaccini che dice. «Capisco l’impazienza, ora che il vaccino è disponibile i cittadini vogliono essere immunizzati il più velocemente possibile», ha detto la presidente della Commissione europea, «Stiamo accelerando. Il Regno Unito ha inoculato 18 milioni di prime dosi, ce ne sono 27 milioni nell’Ue. In Italia, con una popolazione simile a quella della Gran Bretagna, il doppio delle persone ha ricevuto la seconda dose rispetto al Regno Unito».
In altre parole, a Londra c’è molto fumo ma poco arrosto. Ipotesi curiosa, visto che il governo promette di vaccinare tutta la popolazione adulta entro luglio mentre da noi, al ritmo con cui procediamo, ci vorranno più di due anni. Questione di prospettive? Difficile a dirsi. Anche perché è proprio sulla certezza della disponibilità del siero, dovuta ai contratti con le big pharma stipulati prima e meglio di quanto abbia fatto la Ue (che fra l’altro impedisce anche qualsiasi iniziativa autonoma per rimediare al danno), che Johnson ha potuto fissare delle date. Certo, l’epidemia potrebbe rialzare la testa (considerato che la variante del virus che ci sta creando problemi arriva proprio dal Regno Unito), le forniture potrebbero ritardare anche lì e i tempi, come ha spiegato il ministro della Sanità, Matt Hancock, potrebbero leggermente allungarsi. Ma rispetto al disastro totale che si sta verificando in Europa, e soprattutto in Italia, ce ne passa. La Brexit forse non salverà il portafogli degli inglesi (ed è tutto da vedere), ma per ora gli sta salvando la vita.