martedì 2 febbraio 2021

Levano i divieti e accusano chi osa uscire

Quando i contagi sono alti non si può uscire. Quando sono bassi neanche. La logica è curiosa, ma è così che funzionano le regole italiane per il distanziamento sociale: devono essere rispettate anche quando non ci sono. Solo in questo modo si spiega il solito coro di reprimende ed anatemi esploso nel fine settimana, e proseguito ieri, contro la gente che si è riversata nelle strade per assaporare un po’ di libertà in occasione del ritorno alla zona gialla di molte regioni. 

Neanche il tempo di fare due passi ed ecco che foto e video incriminati rimbalzano sui social, vengono presi dai siti di informazione e finiscono, com’è inevitabile, su giornali e tg. Per carità, i soliti idioti che circolano in gruppo senza mascherina pensando che il virus sia una cosa che non li riguarda ci sono. Ma la stragrande maggioranza delle persone immortalate non sta facendo nulla di male (tanto più che in zona arancione i negozi sono aperti e si può fare shopping) e non ha alcuna colpa, se non quella di aver avuto la stessa idea di molti altri concittadini e di essere scesa in strada sull’entusiasmo della riapertura annunciata di bar, ristoranti e locali, circostanza che, tuttavia, ancora non sembra essere sanzionata da alcun Dpcm.
Epperò qualcosa che non va c’è. Intanto, la zona gialla è stata sì deliberata venerdì, ma è scattata, a rigor di ordinanza, solo ieri. Non lo sapevate? Pensavate che se il Comitato tecnico scientifico  giudica positivi gli indicatori significa che lo sono da subito e non dopo due giorni?
Beh, eravate nel torto e nulla giustifica le vostra ignoranza o le vostre erronee presunzioni. Ma la vera questione è un’altra: se il ministro della Salute Roberto Speranza, tra un pasticcio sui dati e l’altro, toglie i divieti, guai a mettere il naso fuori casa. Se vi azzardate a farlo rischiate non solo, come ha minacciato subito il commissario Domenico Arcuri, di far tornare i divieti (cosa che a questo punto non fa molta differenza) ma addirittura, come ha detto senza giri di parole il virologo Fabrizio Pregliasco, di far arrivare una terribile terza ondata.

La rovina del Paese 
Capito? Se i contagi risalgono e la pandemia miete vittime non è colpa del governo che non ha rafforzato per tempo il sistema sanitario, che si è fatto prendere per il naso dalle società farmaceutiche sui vaccini, che non ha il personale e le strutture per portare avanti la campagna di somministrazione dell’antidoto, ma di chi se ne va in giro quando gli esperti di Speranza dicono che può farlo.
La storia non è nuova e si è incredibilmente ripetuta anche questa volta. Non appena si allentano i divieti scatta la caccia al cittadino inadempiente, a quello che gira con la mascherina sotto il naso, che non ha salutato col gomito o che decide di fare shopping alle 5 del pomeriggio invece che alle 8 del mattino. È lui la rovina di questo Paese, che rende inutili gli sforzi della politica. «È una sconfitta della società», ha spiegato la sottosegretaria alla Salute, Sandra Zampa. «È colpa dei sindaci che non controllano», ha accusato il coordinatore del Cts, Agostino Miozzo. E l’isteria collettiva coinvolge pure i governatori che hanno subito sulla loro pelle le follie degli assurdi algoritmi del governo per mettere i territori in quarantena. Tutti invitano i cittadini ad essere più responsabili. Poi vai a guardare i dati e si scopre che gli italiani pizzicati a trasgredire hanno percentuali da prefissi telefonici, che la maggior parte dei contagi avviene in casa, non fuori, che i focolai non esplodono nei ristoranti. Ma non importa. Ciò che conta è costruirsi un alibi. Se le cose vanno male è colpa nostra, se vanno bene, inutile dirlo, è merito loro. 

© Libero