martedì 19 settembre 2017

Arriva il maxiconcorso da 17 miliardi

L’occasione per dare una bella sforbiciata alla spesa pubblica potrebbe essere ghiotta: nei prossimi quattro anni andranno in pensione nella Pubblica amministrazione circa 500mila persone su un totale di poco più di 3 milioni di organico. Il che significa che, attraverso una razionalizzazione degli uffici, l’informatizzazione delle pratiche e un po’ di impegno sul fronte dei controlli, sarebbe possibile risparmiare diverse decine di miliardi. Se è vero, ad esempio, come ha certificato la Cgia qualche mese fa, che le assenze per motivi di salute nel pubblico impiego nel 2015 hanno interessato il 57% degli occupati rispetto al 38% dei privati e che le assenze di un giorno rappresentano per gli statali il 25,7% del totale rispetto al 12,5% degli altri dipendenti, appare chiaro che i margini per un incremento della produttività a parità di risorse ci sono.

Ma il governo sembra avere altri progetti. Come ha spiegato il sottosegretario alla Funzione pubblica, Angelo Rughetti, l’uscita dal lavoro di centinaia di migliaia di statali è «un’occasione straordinaria» per far entrare i «giovani» e «la legge di bilancio può essere uno strumento per coglierla». Altro che spending review, contenimento dello spesa, abbattimento del debito. L’idea che si sta facendo strada a Palazzo Vidoni è quella di anticipare le uscite, fare un piano dei fabbisogni e indire un maxi concorsone per assumere 500mila persone. Che potrebbero anche diventare 600mila se si considerano le dimissioni e i passaggi al privato (circa 25mila all’anno).
Ovviamente, nei piani del governo non c’è una grande infornata indiscriminata. Le assunzioni, assicurano dalle parti di Palazzo Vidoni, dovranno essere fortemente mirate, sulla base della griglia degli organici e di una dettagliata mappa dei profili richiesti. L’operazione si inserirebbe nell’alveo della riforma della Pa firmata dalla ministra Marianna Madia, che ha sostituito i vecchi criteri per il ricambio del personale. Invece di decidere i nuovi ingressi tenendo in considerazione i risparmi prodotti dalle uscite, da ora in poi il governo, in collaborazione con la Conferenza unificata di Regioni ed enti locali, dovrà individuare di volta in volta i settori strategici e le competenze su cui investire. Una volta effettuata la ricognizione e scelti i comparti da potenziare, si potrà procedere al reclutamento delle nuove risorse, che potrebbe anche avvenire attraverso modalità omogenee. La Madia sta già lavorando alle «linee guida» per un «reclutamento ordinato, trasparente ed equo». L’obiettivo, ha spiegato ieri sera alla Festa dell’Unità, è arrivare ad «un concorso unico per lo Stato, non più quindi a livello di singolo ente o ministero». Per ora, si lavora ad «un unico sito per tutti i concorsi pubblici».

Qualunque sia la strada che sceglierà il governo, la sostanza cambia poco. Dopo anni di severo controllo del turn over, di blocco degli stipendi e di risparmi forzati, per la Pa potrebbe riaprirsi la stagione degli investimenti pubblici. L’ipotesi del concorsone si intreccia, infatti, con quella del rinnovo contrattuale, proprio in queste settimane oggetto del confronto tra governo e sindacati. Resta da capire dove saranno trovati i soldi, considerato che il ministero dell’Economia sta già facendo i salti mortali per recuperare i 2-3 miliardi necessari a garantire l’aumento medio di 80 euro promesso agli statali.
Per sostituire tutto il personale della Pa in uscita nei prossimi anni la somma da mettere sul piatto sarà enormemente più alta. Diciassette miliardi, per la precisione. A fare il calcolo ci ha pensato il dirigente della Provincia di Verona, Luigi Olivieri, esperto di enti locali, sul sito di Mario Seminerio, Phastidio.net. «È noto, dai dati del Conto annuale del personale», scrive Olivieri, «che il costo medio di un dipendente pubblico è 34mila euro l’anno. Basta moltiplicare questa cifra per 500mila e scoprire che il piano del concorsone costa 17 miliardi di euro». Escludendo dalla media magistrati ed alti dirigenti l’asticella scende un po’, a 30mila euro l’anno. Ma la cifra complessiva resta sempre astronomica, intorno ai 15 miliardi di euro l’anno per i prossimi 40 anni.
Un po’ troppo, forse, per mettere in atto l’auspicata staffetta generazionale e svecchiare la Pubblica amministrazione. Tanto più che tra qualche settimana governo e regioni dovranno pure occuparsi della difficile gestione degli esuberi provocati dalla razionalizzazione delle partecipate avviata dalla Madia. «Da parte del ministero della Pa c’è la disponibilità ad avviare un percorso condiviso» sul tema dell’occupazione nelle partecipate pubbliche, in vista dei piani di razionalizzazione che vanno consegnati entro la fine del mese, hanno spiegato Cgil, Cisl e Uil al termine dell’incontro di ieri, definito «interlocutorio». La stessa Madia ha ribadito che «le partecipate fuori target saranno chiuse, ma non saranno i dipendenti a pagare le conseguenze di queste razionalizzazioni». Il che significa, con tutta probabilità, altri costi aggiuntivi.

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