Heidelberg raddoppia e si mangia tutto il cemento italiano, chiudendo di fatto l’epoca della supremazia nel settore delle grandi dinastie italiane. Circa un anno fa il colosso tedesco aveva acquisito il controllo di Italcementi, rilevando le quote in mano alla famiglia Pesenti. Ora Heidelberg si pappa anche la Cementir della famiglia Caltagirone. L’operazione, per un controvalore di 315 milioni di euro, riguarda il 100% della società.
Comprese le controllate Cementir Sacci e Betontir. Nel dettaglio, saranno ceduti 5 impianti di cemento a ciclo completo e 2 centri di macinazione di cemento per una capacità produttiva installata di 5,5 milioni di tonnellate di cemento, insieme al network dei terminal e degli impianti di calcestruzzo attivi sul territorio nazionale. Asset che andranno ad aggiungersi alla struttura industriale di Italcementi, oggi formata da 6 cementerie a ciclo completo, un impianto per prodotti speciali, 8 centri di macinazione del cemento, 113 impianti di calcestruzzo e 13 cave per inerti. Da una stima preliminare l’integrazione di Cementir Italia consentirà sinergie sui costi per almeno 25 milioni di euro entro il 2020.
L’accordo è condizionato all’autorizzazione da parte dell’Antitrust, che farà slittare la chiusura all’inizio del prossimo anno. Ma le Borse hanno già iniziato a festeggiare. Cementir ieri è balzata a Piazza Affari del 5,6%. E gli acquisti sono arrivati anche sul competitor Buzzi, che ha visto il titolo schizzare del 6%.
La tesi degli analisti è che la mossa tedesca aiuterà tutto il settore del cemento italiano. Secondo Equita la cessione di Cementir «segna un passo decisivo verso la razionalizzazione e concentrazione» del comparto. In seguito all’accordo, infatti, la quota di mercato di Italcementi salirà dal 23-24% al 36-37%, staccando Buzzi che resta al 22-23% e Colacem che si ferma al 16-17%. I tre gruppi complessivamente potranno contare su una quota del 75% del mercato. Una percentuale che dovrebbe produrre effetti positivi sia sul fronte dell’attuale eccesso di capacità produttiva, sia sul livello troppo basso dei prezzi. «Ci aspettiamo», scrivono gli analisti di Equita sim, «benefici tangibili sulla dinamica competitiva all’interno del settore in grado di portare a un graduale riallineamento del prezzo di mercato a livelli più consoni alla struttura costi del paese», considerato che oggi il cemento in Italia viene venduto a 60 euro a tonnellata, il valore più basso tra i mercati dei Paesi sviluppati.
Un giudizio simile è quello che arriva da Standard & Poor's, che ieri ha confermato il rating del debito a lungo del gruppo tedesco a BBB- con outlook stabile e quello del debito a breve ad A-3. Secondo l’agenzia di rating l’operazione non avrà effetti sugli investimenti di Heidelbergcement nel 2017 e nel 2018 e sarà una possibilità di ulteriore consolidamento della società nel nostro Paese. Consolidamento, ha aggiunge S&P, che potrebbe nei prossimi anni portare a un contesto migliore per le società attive nel cemento, «al momento colpite da pressioni a livello di prezzi a fronte di sovraccapacità considerevoli e di un continuo calo delle vendite».
L’operazione, ha spiegato l’ad di Italcementi, Roberto Callieri, «presenta un'ideale combinazione nella qualità degli asset industriali e una perfetta distribuzione geografica, che consente a al gruppo di migliorare la propria presenza su tutto il territorio nazionale, in una logica di vicinanza al cliente per offrire soluzioni e prodotti innovativi e di qualità»
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