L’assegno sociale di circa 450 euro è corrisposto dall’Inps, anche senza aver versato un euro di contributi, per tredici mensilità e spetta ai cittadini italiani, comunitari (con iscrizione all’anagrafe comunale), extracomunitari (titolari di permesso di soggiorno di lungo periodo), rifugiati politici ed apolidi, i quali abbiano compiuto 65 anni, siano residenti effettivamente ed abitualmente in Italia (ovvero 6 mesi più un giorno), abbiano soggiornato legalmente, in via continuativa, per almeno dieci anni nel territorio nazionale (vincolo introdotto dal primo gennaio 2009) e, infine, si trovino in condizioni economiche disagiate.
I requisiti apparentemente stringenti hanno lo stesso risultato di chi tenta di pescare la paranza con una rete per tonni: ogni anno frotte di anziani incassano i soldi e scappano. O meglio, scappano e incassano i soldi. Le ultime indagini della Guardia di Finanza e degli ispettori dell’Inps hanno permesso di scovare ben 379 furbetti della pensione che intascavano regolarmente l’assegno mensile dopo aver taroccato i certificati della situazione reddituale o quelli di residenza. La revoca immediata dei pagamenti consentirà all’istituto guidato da Tito Boeri di recuperare circa 2,6 milioni di euro l’anno.
Lo stesso era accaduto lo scorso anno, quando l’Inps, con l’operazione Italians Out, aveva scovato 517 titolari illegittimi di assegni sociali. In quell’occasione il risparmio annuo per l’istituto era stato quantificato in circa 3 milioni. Somme che rimangono sempre piccole rispetto alle cifre complessive che la previdenza italiana manda regolarmente oltre confine senza che ce ne sia alcun motivo. Secondo i dati diffusi da Boeri nel 2016 l’Inps ha pagato 373mila pensioni in oltre 160 Paesi sparsi per il mondo, per un totale, tra quattordicesime e maggiorazioni, di circa 1 miliardo di euro. Soldi in rarissimi casi guadagnati sul campo dai simpatici vecchietti. Più di un terzo dei titolari, ha spiegato il presidente dell’istituto, ha «periodi di contribuzione in Italia inferiori a 3 anni e il 70% inferiori a 6 anni». Il che significa che le prestazioni «vanno molto al di là dei contributi versati». Ma non è tutto. Secondo quanto riferito da Boeri nel 2016 «le pratiche di prestazioni all’estero indebite sono state circa 101mila, di cui 60mila in corso di recupero su pensione, mente le rimanenti vengono riscosse con rimesse in denaro». A conti fatti, il malloppo che ancora deve essere restituito ammonta a circa 270 milioni di euro. Non proprio bruscolini.