sabato 19 agosto 2017

Nuovo record del debito. E' aumentato il doppio del pil

Il tempo sarà pure «galantuomo», come ha detto Matteo Renzi un paio di giorni fa festeggiando la ripresina del Pil (che peraltro, con lo 0,4% sul mese e l’1,5% sull’anno continua a viaggiare a scartamento ridotto rispetto al resto d’Europa), ma se i «risultati» di cui parlava il segretario del Pd sono quelli certificati ieri da Bankitalia, c’è poco da brindare. A poche ore dalla sorpresa positiva di una crescita leggermente più veloce delle stime del governo, sui conti pubblici si è abbattuto l’ennesimo macigno del debito, per la quarta volta consecutiva al top di sempre.

A giugno, secondo i dati contenuti nel fascicolo Finanza pubblica, fabbisogno e debito, l’asticella è arrivata a 2.281,4 miliardi. Una montagna stratosferica, che cresce senza sosta. Nell’ultimo mese l’indebitamento aggiuntivo che finisce sul groppone dei contribuenti è stato di altri 2,2 miliardi. A provocare la lievitazione, secondo quanto riferito da Bankitalia, è stata la crescita del fabbisogno delle amministrazioni pubbliche, salito di  8,4 miliardi, compensato solo in parte dalla diminuzione delle disponibilità liquide del Tesoro, per 6,3 miliardi.
Ma non tutta la Pa ha zavorrato i conti nella stessa maniera. A fare la differenza, questa volta, sono state le amministrazioni centrali, che hanno aumentato il proprio debito di 4 miliardi, mentre quello delle amministrazioni locali è diminuito di 1,9 miliardi. E le cose non vanno bene neanche sul fronte delle entrate, dove a differenza dei dati forniti qualche giorno fa dal ministero dell’Economia, basati sul criterio della competenza e non della cassa, come fa Bankitalia, l’andamento di giugno ha registrato un calo di 13,5 miliardi, a causa dello slittamento di diverse scadenze fiscali, mentre nei primi sei mesi dell’anno gli incassi sono stati di 186 miliardi, in flessione del 5,8% rispetto allo stesso periodo del 2016.

Esperti governativi fanno sapere che l’impennata del debito a giugno è fisiologica, dovuta alla mancanza di entrate significative. E che anche a luglio, per lo stesso motivo, i dati non saranno confortanti. Resta il fatto che dall’inizio dell’anno l’Italia ha accumulato 63,5 miliardi di indebitamento in più. Il che significa una crescita del 2,8%, praticamente il doppio del pil. Al di là della sconfortante constatazione del Codacons, che ha calcolato «un debito di 37.646 euro che grava sulle spalle di ogni cittadino, neonati compresi», se il governo non riuscirà ad invertire la rotta, sarà difficile che in autunno l’Europa continuerà a mostrarsi generosa con le nostre richieste di flessibilità. Del resto, il dimezzamento dell’obiettivo di riduzione del deficit strutturale dallo 0,6 allo 0,3% è stato concesso da Bruxelles a patto, si legge nella lettera ricevuta dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che lo sconto «sia coerente con l’esigenza di ridurre il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo». Il viceministro dell’Economia, Enrico Morando, ha assicurato ieri che l’impegno sarà rispettato anche grazie alle privatizzazioni, che, stando al Def, dovrebbero portare incassi dello 0,3% del pil (5 miliardi) l’anno fino al 2020. Il processo, ha spiegato, si è interrotto nel 2016 a causa di condizioni di mercato sfavorevoli, ma ora «quelle situazioni critiche non sono più presenti» e il programma «è scritto e si farà». Secondo il viceministro «tutte le opzioni sono in campo e nessuna delle delle ipotesi discussa nel recente passato è tramontata», compresa quella di conferire a Cdp le quote delle grandi partecipazioni del Tesoro. Un giochino contabile, considerato che la Cassa è controllata dal Tesoro all’82,7%, che potrebbe, però, essere l’ultima carta rimasta in mano al governo.

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