Malgrado le valanghe di quattrini distribuiti a destra e manca, o forse proprio a causa di queste, sui poveri il governo ha deciso di fare economia. Ieri il Consiglio dei ministri ha dato il via libera definitivo al decreto legislativo che istituisce il reddito di inclusione. Il Rei, si legge nel comunicato stampa, «è una misura a vocazione universale, condizionata alla prova dei mezzi e all’adesione a un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa finalizzato all’affrancamento dalla condizione di povertà». Il sostegno, che scatterà dal primo gennaio 2018, prevede nel dettaglio un beneficio economico erogato su dodici mensilità, con un importo che andrà da circa 190 euro mensili per una persona sola, fino a quasi 490 euro per un nucleo con 5 o più componenti. L’assegno sarà concesso per un periodo continuativo, non superiore a 18 mesi, e sarà necessario che trascorrano almeno 6 mesi dall’ultima erogazione prima di poterlo richiedere nuovamente. Il nucleo familiare del richiedente dovrà avere un valore dell’Isee, in corso di validità, non superiore a 6mila euro e un valore del patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, non superiore a 20mila euro. In prima applicazione saranno prioritariamente ammessi al Rei i nuclei con figli minorenni o disabili, donne in stato di gravidanza o disoccupati ultra cinquantacinquenni.
Oltre al beneficio economico il decreto prevede anche una componente di servizi alla persona identificata, in esito ad una valutazione del bisogno del nucleo familiare che terrà conto, tra l’altro, della situazione lavorativa e del profilo di occupabilità, dell’educazione, istruzione e formazione, della condizione abitativa e delle reti familiari, di prossimità e sociali della persona e servirà a dar vita a un progetto personalizzato volto al superamento della condizione di povertà.
Per il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ovviamente, l’Italia è di fronte ad una svolta storica. «Da oggi la lotta alla povertà e il Reddito di inclusione sono legge dello Stato. Per la prima volta il nostro Paese ha uno strumento permanente di contrasto alla povertà fondato sul sostegno al reddito e sull’inclusione sociale. Uno strumento che impegna tutte le istituzioni e le comunità locali a stare a fianco dei più deboli».
Che la misura di sostegno alle famiglie più povere sia una novità è fuori discussione. Che la mossa governativa sia veramente in grado di contrastare il fenomeno è tutto da vedere. Al di là delle cifre previste per il beneficio economico, che sono addirittura più basse dei vari bonus mamma, bebé e asilo nido distribuiti a pioggia dall’ex premier Matteo Renzi, resta da capire quanti dei bisognosi potranno davvero beneficiare del Reddito di inclusione.
Allo strumento, attraverso le risorse del Fondo nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale e quelle derivanti dalla razionalizzazione degli strumenti esistenti di contrasto alla povertà, sono destinati 1 miliardo e 845 milioni, incluse le risorse per rafforzare i servizi, a cui si aggiungono anche le risorse a carico del Pon Inclusione (complessivamente 1 miliardo fino al 2022) per un totale di oltre 2 miliardi di euro l'anno dal 2019.
Con 2 miliardi, secondo le stime del governo, saranno raggiunti dal sostegno circa 400mila famiglie, ovvero 1,8 milioni di persone. Ma i numeri della povertà in Italia sono ben altri. Basti pensare, come ha spiegato ieri Save the Children, che nel Paese ci sono 1 milione e 292mila bambini in povertà assoluta e 2 milioni e 297mila in povertà relativa. Quanto al numero complessivo di persone in povertà assoluta si tratta, secondo gli ultimi dati dell’Istat, di circa 4 milioni e 742mila cittadini per un totale di 1 milione e 619mila famiglie. Facendo due calcoli, non è difficile capire che la copertura prevista dal governo riguarderà, se va bene, una famiglia su quattro. «Non si tratta affatto di una misura universale, nonostante quello che si affannano a ripetere alcuni autorevoli commentatori, non fosse altro che per lo stanziamento assolutamente insufficiente messo in campo», commenta il Codacons. Per garantire un allargamento della platea a tutti i bisognosi, secondo l’Alleanza contro la povertà, servirebbero almeno 7 miliardi. Cinque in più di quelli stanziati ovvero un quarto di quelli messi a disposizione con il fondo salva banche da 20 miliardi.