Ci risiamo. I romani erano partiti per le vacanze pensando di essersi lasciati alle spalle l’incubo siccità. Ma al rientro la situazione potrebbe essere addirittura peggiore di quella ventilata a luglio. Lontano dal clamore di inizio estate, con i riflettori ormai spenti dopo il via libera della Regione Lazio all’approvvigionamento nel Lago di Bracciano, e senza alcuna comunicazione da parte della giunta guidata da Virginia Raggi, l’Acea ha lanciato ieri un nuovo allarme acqua.
La colpa, stando alla multiutility della Capitale, è tutta di Giove pluvio, ovvero del «perdurare di un periodo di straordinaria siccità, con un calo del 70% di pioggia rispetto alla media degli ultimi tre anni». Ma il risultato cambia poco. Malgrado «l’eccezionale lavoro svolto dalla cabina di regia per affrontare l’emergenza», che ha consentito di monitorare il 90% della rete e di riparare 1.300 perdite, l’Acea ha deciso «di adottare un piano di riduzione controllata delle pressioni della rete idrica nelle sole ore notturne» nei comuni di Roma e Fiumicino. Messa così, sembra poca roba. Un’operazione in sordina, col favore del buio, di cui i cittadini neanche si accorgeranno. In realtà, avverte la società, attuando le manovre «potrà mancare l’acqua ai piani alti degli edifici e nelle zone idraulicamente più sfavorite, per le quali potrebbe non essere escluso lo svuotamento delle condotte con il conseguente intorbidimento dell’acqua al momento del rientro in servizio».
Insomma, la «riduzione» in molti casi, che peraltro non saranno neanche segnalati in anticipo, si ridurrà in un vero e proprio blocco dell’acqua, con successiva erogazione di fanghiglie varie. E potrebbe essere soltanto l’inizio. «Con la ripresa dopo la pausa estiva e il conseguente incremento dei consumi», ammette la stessa Acea, «lo scenario si presenta molto serio: gli acquedotti delle Capore e del Marcio nell’ultimo periodo hanno visto abbassarsi sensibilmente il livello delle loro acque, dal Pescheria non si possono derivare più di 9.100 litri al secondo per i forti limiti di un’infrastruttura vecchia di 80 anni, dal lago di Bracciano la società non può prelevare più di 400 litri al secondo, a seguito dell'ultima ordinanza diramata dalla Regione Lazio a valle della decisione del Tribunale Superiore delle Acque». In altre parole, la città rischia di restare a secco da un momento all’altro. E la chiusura dei rubinetti non guarderà in faccia nessuno. L’operazione «potrà interessare qualsiasi utenza» delle zone coinvolte, «tra le quali anche quelle destinate a servizi resi al pubblico».
Una notizia che ha fatto saltare sulla sedia Beatrice Lorenzin. Il ministro della Salute ha chiesto all’Acea «immediati chiarimenti» per sapere se sia stato «verificato l'impatto sulle strutture sanitarie e socio-sanitarie, pubbliche e private, sulle strutture ricettive e di ristorazione, sugli uffici pubblici e sulle strutture ove vengono alloggiati a qualsiasi titolo gli animali, per evitare che ciò comporti pregiudizi per la continuità dei servizi sanitari essenziali, e se questa decisione sia stata concordata o partecipata con la Regione».
Al Campidoglio, per ora, più che l’acqua preoccupa l’Atac. Il consiglio straordinario che dovrà decidere il destino dell’azienda di trasporti è fissato per il 7 settembre. Nel frattempo, l’Anac ha acceso un faro sul triplo incarico (presidente, ad e dg) di Paolo Simioni. «Un atto dovuto», minimizzano dal Comune.
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