giovedì 30 marzo 2017

La Ue toglie i soldi ai nostri terremotati

Il clima di solidarietà e coesione che, almeno a parole, si respirava sabato scorso a Roma per celebrare i 60 anni dei Trattati, è già bello che sepolto sotto una spessa coltre di sgambetti e colpi bassi. Altro che «coraggio dei padri fondatori», «rafforzamento della cooperazione», «ritrovata fiducia».

Gli alti ideali e i valori comuni invocati all’unisono da tutti i leader europei sono stati rapidamente gettati nel cestino dall’Austria, che un paio di giorni fa ha deciso di punto in bianco di voltare le spalle al programma di redistribuzione dei profughi, annunciando di voler uscire dall’accordo europeo in base al quale dovrebbe farsi carico di 1.491 richiedenti asilo dalla Grecia e 462 dall’Italia.
Ieri, proprio nel giorno dell’addio ufficiale di Londra all’Europa, è arrivato il secondo schiaffo. A farne le spese, inutile dirlo, è sempre l’Italia, che si è vista sfilare da sotto al naso una parte delle risorse promesse dall’Unione per i terremotati.

La riunione degli ambasciatori dei 28 Stati membri ha infatti rivisto al ribasso la proposta della Commissione Ue, che consentiva il finanziamento al 100% con i fondi strutturali delle spese di ricostruzione nelle aree colpite dal sisma e altre calamità naturali. Diversi Paesi, nel dettaglio Germania, Finlandia, Danimarca, Austria, Regno Unito e Svezia, hanno chiesto che si mantenesse una quota di cofinanziamento nazionale, che al termine della trattativa è stata individuata nel 10%.
«Abbiamo perso un’ottima occasione per dare un segnale chiaro, semplice e forte a tutti i cittadini europei, che come mai in questo momento storico hanno un profondo bisogno di essere rassicurati sul senso e sui valori dell’Unione europea», ha detto l’ambasciatore Maurizio Massari, parlando di «una discussione assolutamente surreale». Anche perché in ballo non ci sono maggiori finanziamenti della Ue, ma solo la possibilità per i Paesi colpiti di avere con rapidità le risorse. Le erogazioni previste dalla proposta già votata dalla commissione Sviluppo regionale del Parlamento Ue, e ieri bocciata dagli ambasciatori, sono infatti una sorta di anticipo del Fesr (Fondo europeo di sviluppo regionale), nella misura del 5% del totale degli stanziamenti destinati al Paese che ne usufruisce, che nel caso dell’Italia, essendo il Fesr assegnato per il 2014-2020 di 32,65 miliardi, ammonterebbero a 1,63 miliardi.

Il neo presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani, è ottimista. «Vedremo come trovare un accordo», ha detto, «in questi momenti credo che la solidarietà debba prevalere». Ma che gli auspici si trasformino in realtà è tutto da vedere. La proposta deve infatti passare nella plenaria di Strasburgo e poi al vaglio del Consiglio europeo, che ieri ha già anticipato il suo orientamento.
L’irritazione italiana, per ora, sembra bipartisan. «Vedremo se il governo avrà un sussulto di dignitàe pretenderà per il popolo italiano il rispetto che merita», ha tuonato la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.
«Ecco la risposta dei leader europei alla solidarietà chiesta da Gentiloni», ha commentato la capodelegazione grillina a Strasburgo, Rosa d’Amato». Mentre per il piddino Andrea Cozzolino, vicepresidente della commissione dell’Europarlamento dove è incardinata la proposta, si è trattato di «un gesto di puro ed insensato egoismo».

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