L’idea di trasformare l’unità di missione di Casa Italia in un vero e proprio Dipartimento della Presidenza del Consiglio non è una trovata di Paolo Gentiloni. L’ipotesi era già stata annunciata lo scorso autunno, quando l’ex premier Matteo Renzi ha chiamato il rettore del Politecnico di Milano, Giovanni Azzone, a guidare il maxi progetto per la messa in sicurezza degli immobili italiani. E il percorso è stato ribadito qualche giorno fa dall’attuale capo del governo. Quello che non si sapeva è che i circa 2mila dipendenti a tempo indeterminato della Presidenza del Consiglio sono tutti troppo impegnati per potersi dedicare ad altre mansioni.
Tra i circa 500 emendamenti piovuti ieri alla Camera sul decreto legge sul terremoto ne è spuntato uno del governo che riguarda proprio la costituzione del nuovo Dipartimento Casa Italia. E le risorse non saranno trovate tra quelle già esistenti, come ad esempio i circa mille dipendenti della Protezione Civile guidata da Fabrizio Curcio. Il testo prevede che, al netto del personale già operativo a Palazzo Chigi, ci sia un incremento «dell’organico dirigenziale della Presidenza del Consiglio, pari a tre posizioni di livello generale e quattro di livello non generale». Finito? Per nulla. Per «garantire l’immediata funzionalità del dipartimento viene autorizzata l’assunzione di 20 unità di personale non dirigenziale». In tutto fanno 25 persone in più da stipendiare, a cui potrebbero aggiungersi anche i circa 20 esperti chiamati già lo scorso autunno a far parte della task force.
I costi della struttura saranno ridotti all’osso, assicuravano qualche mese fa esponenti di governo. E invece solo per pagare gli emolumenti dei 25 nuovi dipendenti si prevede una spesa di 1,3 milioni nel 2017 e di 2,5 milioni a partire dal 2018, che si aggiungeranno ai 245 milioni già spesi ogni anno dalla Presidenza del Consiglio per gli stipendi.
Il blitz del governo ha fatto saltare sulla sedia i grillini. Si tratta di una misura, si legge in una nota congiunta dei deputati del M5S, «che non ha alcuna attinenza rispetto alle tante, troppe necessità, anche economiche, di territori e amministrazioni delle zone colpite. Non era questa la sede per quell’emendamento».
Al di là dell’opportunità politica c’è anche chi, come Giuseppe Zamberletti, ex ministro e fondatore della Protezione civile, sostiene che «spacchettare competenze che stanno già sotto un unico cappello può indebolire non solo la presidenza del Consiglio, ma l’intero sistema nazionale». Il che aggiungerebbe la classica beffa al danno.