domenica 19 marzo 2017

Quanto pestano le grilline sulle tasse

Dopo le acrobazie sul codice etico per neutralizzare l’avviso di garanzia a Virginia Raggi e il clamoroso affossamento delle «comunarie» di Genova i grillini si apprestano a demolire un altro tabù: le tasse si possono alzare. E il liberi tutti, plateale, arriva proprio da Torino, fino ad oggi modello indiscusso della buona amministrazione a Cinque Stelle.

Che la mannaia stesse per abbattersi sui contribuenti del capoluogo piemontese lo si era già capito da qualche settimana. All’inizio di febbraio, commentando l’esito della ricognizione della Corte dei Conti, la sindaca Chiara Appendino ha annunciato che «ci saranno 30 milioni in più di cui la città dovrà farsi carico». Certo, la ex manager avrà gioco facile nello scaricare la patata bollente sulle precedenti amministrazioni, ma la sostanza cambia poco. E tra qualche giorno lo capiranno anche i torinesi. In vista dell’approvazione del bilancio preventivo 2017 la sindaca ha infatti deciso di avviare una raffica di rincari. A partire dalla classica tassa sui rifiuti, che con la scusa della perequazione, aumentera tra lo 0,4 e lo 0,8% per tutte le utenze domestiche. Con un effetto collaterale che, secondo il piddino Mimmo Carretta, sarà perverso. «Oltre 75mila nuclei familiari», spiega il consigliere d’opposizione, «rischiano di non potere più beneficiare delle agevolazioni che la giunta Fassino aveva deciso di applicare ai cittadini con indicatore Isee inferiore a 24mila euro».

Ma il vero colpo è quello sui permessi per la sosta dei residenti. Anche qui c’è una spruzzatina di attenzione ai redditi più bassi, tanto per confondere un po’ le acque, ma quella che si profila per gli abitanti è una stangata in piena regola. Il vecchio talloncino per parcheggiare nelle strisce blu da 45 euro resterà tale solo per chi ha un reddito Isee al di sotto dei 20mila euro. Ci sarà uno sconticino di 10 euro per chi ha una vettura con potenza inferiore qai 100 kilowatt e un reddito sotto i 12mila euro. Per tutti gli altri, sono dolori. Il permesso per posteggiare sotto la propria casa raddoppia, a 90 euro, per i redditi fino a 50mila euro Isee. Oltre questa soglia, conviene quasi prendere l’autobus. Il tagliandino costerà, infatti, la bellezza di 180 euro. Il costo per entrare nella Ztl, infine, passa da 100 a 200 euro.

Ma la Appendino non è l’unica grillina ad aver messo mano all’imposizione fiscale. Anche Virginia Raggi, seppure con la destrezza di un’illusionista, è riuscita a mettere le mani nelle tasche dei cittadini. La sindaca di Roma è riuscita la scorsa estate a far passare l’operazione come un blocco degli aumenti delle tariffe dell’acqua. In realtà, gli incrementi del 4,9%, così come previsto dall’Autorità dell’energia, sono già stati incorporati nella contabilità di Acea (l’utility capitolina dell’acqua). I mancati introiti che si sono determinati nel 2016 dovranno dunque essere restituiti dai romani con gli interessi a partire da quest’anno. E si andranno ad aggiungere agli aumenti già concordati nel periodo 2016-2019.

Aumenti alla luce del sole sono invece quelli disposti dalla giunta guidata da Filippo Nogarin a Livorno. Anche il sindaco pentastellato, pure lui finito nella bufera per il coinvolgimento nell’inchiesta sull’Aamps, l’azienda dei rifiuti controllata al 100% dal comune, ha messo mano con decisione a Tari e Ztl. La tassa sui rifiuti è salita del 15% nel 2015 e del 10% nel 2016 per recuperare i crediti inesigibili della vecchia Tia (scaricando dunque l’evasione sui contribuenti che le tasse le pagano), mentre da dicembre è scattata la tagliola della Ztl. Le tariffe previste per i residenti sono di 30 euro per la prima auto, 50 per la seconda e 75 per le altre.

Intanto a Genova cresce il malumore per il «fidatevi di me» con cui Beppe Grillo ha cassato la candidatura di Marika Cassimatis. La vincitrice delle comunarie promette battaglia. Anche in tribunale. Ma i big del movimento non si scompongono. «Dicono che avrei finito la pazienza», dice Alessandro Di Battista, «cosa non si fa per coprire le vergogne dei partiti».

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