sabato 25 marzo 2017

Mattarella insiste: "La Ue così non dura"

Sarà un caso, ma proprio all’indomani dell’annuncio del commissariamento di Pier Carlo Padoan da parte dei gruppi parlamentari del Pd, per evitare che il ministro dell’Economia ceda ai diktat della Ue, e alla vigilia della grande celebrazione dei trattati di Roma, in cui il premier Paolo Gentiloni spera di far passare il principio di un’Europa più decisa sull’immigrazione e più morbida sui vincoli di bilancio, al portone di Via XX Settembre si è presentato il superfalco di Bruxelles, Valdis Dombrovskis.

Una visita annunciata e prevista, ovviamente, ma finalizzata proprio a verificare se l’Italia sta facendo i compiti a casa, tanto per usare un’espressione cara a Matteo Renzi. Come aveva spiegato giovedì lo stesso vicepresidente della commissione Ue, l’obiettivo della trasferta è «vedere quali misure il governo si sta preperando» a mettere in campo, sia sul fronte della manovra correttiva da 3,4 miliardi sia su quello più generale del Documento di economia e finanza. Che dovrà essere «ambizioso», ha avvertito Dombrovskis, perché le misure aggiuntive servono al rispetto del patto di stabilità, ma «le sfide che l’Italia ha di fronte sono più ampie».
Concetti ribaditi ieri, quando il vice di Jean Claude Juncker ha sottolineato che la ripresa nel nostro Paese è ancora modesta. E per questi «è molto importante rimanere in rotta rispetto alla traiettoria fiscale e di riforme».

Il ministro Padoan ha cercato di trarsi d’impaccio parlando di «forte collaborazione» e assicurando che Dombrovskis ha riconosciuto gli sforzi italiani. «Stiamo andando nella direzione giusta», ha spiegato il titolare di Via XX Settembre. Ma la direzione giusta, per Bruxelles, significa far quadrare i conti il prima possibile. E la linea renziana di evitare come la peste tagli e tasse, pensando invece a «misure popolari» che possano tirare la volata per la campagna elettorale offre pochissime garanzie in questo senso. Di qui, forse, la curiosa precisazione di Dombrovskis,il quale ha voluto ribadire più volte che sulla correzione dello 0,2% del pil «c’è un impegno molto concreto e reiterato da parte di tutti i ministri e di tutto l’establishment». La manovrina, insomma, si farà. Nei tempi previsti, cioè entro aprile, e con le modalità previste, ovvero con provvedimenti strutturali di tipo fiscale. Con buona pace dell’ex premier. E dei contribuenti, che dovranno di nuovo aprire il portafoglio. Quanto al bilancio 2018, «ci saranno altre discussioni e vedremo se la traiettoria per la riduzione del debito è quella giusta». Il punto non è negoziabile. Si tratta, infatti, «di uno degli elementi che sarà valutato per vedere la conformità dell’Italia» alle regole comunitarie e decidere se aprire o meno la procedura di infrazione.

Fondamentale per l’Italia, che «uno degli stati membri che ha ancora qualche importante squilibrio macroeconomcio», è poi il rispetto delle raccomandazioni della Commissione. Quelle dove, tanto per fare un esempio, Bruxelles suggerisce di alzare l’Iva. Su questo terreno, ha detto Dombrovskis «ci sono stati progressi in molti Paesi, ma «c’è ancora spazio per un miglioramento».
Avvertimenti che non hanno scalfito più di tanto la fiducia di Gentiloni nella possibilità che dal vertice di Roma possa uscire non solo un’Europa diversa, ma anche un’Italia più autorevole. Eventualità che l’Economist ieri ha escluso categoricamente. Secondo il settimanale britannico il nostro Paese resta «la palla al piede della Ue» e sulla manovra d’autunno si profila una vera e propria resa dei conti con la Commissione.

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