martedì 1 marzo 2016

Assegni già ridotti fino a un terzo. Così le riforme ci hanno impoverito

Tagliare, tagliare e ancora tagliare. Tanto per cambiare il governo sta pensando di aiutare la ripresa attraverso l' ennesima sforbiciata sul terreno previdenziale. Come non bastassero le misure lacrime e sangue già messe in campo negli ultimi anni. Il ministero dell' Economia, qualche tempo fa, si è preso la briga, forse per farsi bello di fronte all' Europa, di calcolare a quanto ammontano i risparmi previdenziali scaturiti dalle ultime riforme delle pensioni. 

I numeri usciti fuori dai conteggi in proiezione per i prossimi decenni sono un bagno di sangue difficilmente immaginabile. Le modifiche introdotte dal 2004 toglieranno dalle tasche dei pensionati da qui al 2050 qualcosa come 60 punti di pil, ovvero 960 miliardi di euro. Di questi 960, ben 320 miliardi sono attribuibili alla sola riforma Fornero, che ha sforbiciato con un unico colpo 60 punti di prodotto interno lordo.
Un altro calcolo effettuato dall' Area attuariale dell' Inps ci spiega invece che il risparmio per i conti pubblici, quindi la perdita per i futuri pensionati, operato dal Salva Italia varato dal governo Monti sarà di 80 miliardi nell' arco di tempo tra il 2012 e il 2021. Praticamente nell' arco di circa 10 anni i futuri pensionati sborseranno complessivamente una somma pari ad un paio di manovre finanziarie.
In che modo avverrà il salasso è presto detto. Basta guardare le tabelle prodotte dalla Ragioneria generale dello Stato con le proiezioni del tasso di sostituzione della pensione. Ovvero la percentuale dell' assegno previdenziale in rapporto l' ultimo stipendio percepito.

Ebbene, a parità di anni di contribuzione (la Rgs calcola 38 anni di anzianità lavorativa) il trattamento previdenziale può scendere fino al 34%.
Nel dettaglio, un dipendete privato nel 2010 poteva lasciare il lavoro con un vitalizio pari al 73,7% del suo reddito finale. La percentuale per lo stesso dipendente privato che, dopo 38 anni di contributi, va in quiescenza scende al 61,7%. Ancora peggio va ai lavoratori autonomi. Nel 2010 gli iscritti alle forme di previdenza obbligatoria per professionisti e partite Iva potevano contare su un tasso di sostituzione del 72,2%.
Nel 2040 questa percentuale scenderà drammaticamente al 47,3%. Praticamente dovranno campare con un vitalizio che varrà meno della metà dell' ultimo stipendio.
Ma questo è quanto già messo in cantiere. E difficilmente evitabile, ci hanno spiegato, per tenere in piedi tutto il sistema previdenziale italiano.

Allora guardiamo cosa è successo nella previdenza integrativa, che quel sistema dovrebbe puntellare fornendo una compensazione di quanto si perderà con gli assegni pubblici. Non solo, i fondi pensioni dovrebbero anche rappresentare un punto centrale del nuovo piano messo a punto dal sottosegretario Nannicini per proseguire l' operazione della decontribuzione per i neoassunti senza oneri per le casse dello Stato. Ebbene, solo due anni fa il governo ha deciso di portare la tassazione dei rendimenti dei fondi dall' 11,5 al 20%, incidendo pesantemente sulle prestazioni future. Per avere un' idea, ipotizzando un reddito di 50mila euro lordo e un conferimento del tfr per 35 anni alla previdenza integrativa, la perdita secca sul montante che l' iscritto alla gestione privata avrà con l' inceremento della tassazione andrà (in base all' andamento della gestione) dai 5mila ai 37mila euro. Un altro bel regalo per la vecchiaia.
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