martedì 8 marzo 2016

Benetton cambia strada: meno caselli, più aerei

Più aerei, meno strade. Proseguono a ritmo serrato le grandi manovre in casa Benetton, anche se la strategia complessiva non è ancora pienamente decifrabile. L’unica cosa certa, per ora, è che diverse controllate del gruppo che fa capo alla super holding Edizione sono a caccia di acquirenti. L’ultima notizia che circola con insistenza da qualche giorno punta dritta su Autostrade per l’Italia, con Atlantia intenzionata ad aprire il capitale della società (controllata al 100%) per bilanciare i 3mila chilometri di vie a pedaggio nella Penisola (sui 5mila totali) con una crescita all’estero. Crescita che potrebbe avvenire anche su altre direttive, visto che Atlantia non sembra più così ansiosa di cedere una quota di Aeroporti di Roma, dopo la rottura delle trattative con il fondo sovrano di Abu Dhabi, Adia, avvenuta lo scorso novembre.

La parola d’ordine ufficiale resta quella della «diversificazione», come ha detto ieri l’ad di Atlantia Castellucci nel corso di una conference call con gli analisti. «Vogliamo accelerare» su questo terreno perché «ci sono opportunità di buon ritorno», ha spiegato il manager, che alla luce degli 853 milioni di utile (+15%) dell’ultimo esercizio, vede nel 2016 un «buon anno». I primi due mesi, del resto, parlano di una crescita consistente sulla rete autostradale italiana (+4,5%), su quella cilena (+4,5%) e in Adr (+3,7%), a fronte di una flessione del 3,9% rilevata in Brasile.
Se la diversificazione, secondo Castellucci, ha portato all’acquisizione di Adr, anche la possibile cessione di una quota di Autostrade rientra in questa logica, così come già accaduto con Brebemi e Pedemontana. «È in linea con la nostra strategia», ha spiegato il manager.

Bocche cucite, ovviamente, sulle indiscrezioni che parlano di un possibile asse tra Atlantia e il colosso delle infrastrutture francese Vinci. Ipotesi che sembrerebbe, però, frenata dalla sproporzione dimensionale dei due gruppi, che vedrebbe l’Italia in posizione subalterna.
Quanto ai cieli, Castellucci non ha escluso che il dossier per la cessione di Adr si possa riaprire. Ma l’operazione, ha precisato, «potrà avvenire solo se il prezzo e il ritorno sul capitale sono favorevoli per noi e per supportare la crescita». Le risorse, come già annunciato in passato, potrebbero servire per fare shopping all’estero.  «Il tipo di asset al quale guardiamo», ha precisato, «deve essere esposto alla crescita globale». In quest’ottica, «quello di Nizza è un buon aeroporto, mentre non c’è interesse per Bologna». Altre opportunità potrebbero esserci fuori dall’Europa, come nel caso del Brasile, dove «potrebbe avviarsi una nuova ondata di privatizzazioni a prezzi interessanti».

Resta da capire se le operazioni messe in cantiere da Atlantia siano legate ad un progetto, o ad un destino, comune dell’intero gruppo. Il patriarca Luciano Benetton aveva annunciato più di dieci anni fa che il futuro dell’azienda avrebbe visto un passo indietro della famiglia e un’avanzata dei manager. Ma il taglio con la tradizione sembra ormai arrivato all’atto finale se è vero, come molti sostengono, che in vendita ci sia anche Benetton Group. Ridotta a due marchi (United Colors e Sisley) e schiacciata dalla concorrenza internazionale, la storica azienda di Ponzano Veneto ha affidato il suo rilancio all’ex manager di Boston Consulting, Marco Airoldi, che parla di «fase di stabilizzazione». La versione ufficiale è che si cerca un partner per aggredire con decisione i mercati esteri. Quella sussurrata è che la seconda generazione dei Benetton si è dimostrata poco attrezzata a proseguire con lo stesso passo dei fondatori.

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