mercoledì 11 dicembre 2013

Vince ancora la Germania: rinviato l'accordo sulle banche

Che tirava aria di rinvio, al di là degli annunci di circostanza del ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Scheauble, lo si era capito da un po'. A confermare l'andamento delle trattative in sede Ecofin è stato ieri mattina Jorg Asmussen, che da rappresentate della Bce ha partecipato a tutti i vertici informali dei giorni scorsi ed era presente al summit di ieri a Bruxelles. «Nei colloqui bilaterali sono stati fatti dei progressi», ha spiegato l'uomo incaricato da Mario Draghi di spingere con forza verso uno sblocco della fase di stallo, «ma non mi aspetto che si raggiunga un accordo finale ora e immagino che vi sarà un altro Ecofin prima del vertice Ue del 19 e 20 dicembre». Asmussen ha poi ribadito che la Bce «considera il meccanismo di risoluzione unico come un elemento complementare rispetto al meccanismo unico di vigilanza», che è stato già approvato ed entrerà in funzione entro il 2014. Per Francoforte è essenziale non solo che si arrivi ad un fondo unico per i salvataggi delle banche e ad una autorità unica, ma anche che nel periodo di transizione, nel tempo cioè che occorrerà per finanziare lo strumento ci sia «un paracadute finanziario credibile». In altre parole, che gli Stati siano pronti a fornire la liquidità necessaria in caso di bisogno.

Ed ecco l'intoppo. Di coinvolgere ancora i governi o, peggio ancora il fondo europeo salva Stati la Germania non vuole saperne. Per Berlino a pagare gli errori degli istituti di credito dovranno essere le stesse banche, a partire dagli azionisti, passando dagli investitori, gli obbligazionisti, fino ai correntisti. Ma nessun euro dovrà uscire dalle casse pubbliche. Anche perché le banche, soprattutto quelle spagnole e italiane, sono piene di titoli di Stato. Aiutarle significa dunque finanziare indirettamente e surrettiziamente il debito dei Paesi in cui riesiedono.

Che dall'Ecofin si uscirà con un pugno di mosche è anche l'opinione di Fabrizio Saccomanni. Il ministro dell'Economia durante una pausa dei lavori ha spiegato che che l'obiettivo del summit europeo è quello di «mettersi d'accordo sulle linee generali e poi lasciare il tempo agli esperti legali e tecnici di mettere a punto dei testi». Quei testi, ha confermato pure il titolare di Via XX Settembre, finiranno sul tavolo di un'Ecofin straordinario, «magari a ridosso del Consiglio europeo, così che, se c'è bisogno di una benedizione di tipo politico di alto livello, potremo farla rapidamente».

Messa così, sembrerebbe una soluzione di buon senso, per ottenere il massimo risultato raggiungibile. In realtà, la vicinanza temporale tra l'Ecofin straordinario e il vertice Ue non fa che accrescere i timori di un colpo di mano tedesco, che avrebbe tutto l'interesse ad adottare una strategia dilatoria. Non si tratta solo di guadagnare di tempo, ma anche di evitare che al Consiglio Ue dei capi di Stato e di governo arrivi un accordo già preconfezionato. Se è verosimile immaginare che alla fine la Germania dovrà arretrare di qualche posizione sull'Unione bancaria, ormai condivisa e accettata dalla maggioranza dei Paesi Ue, è chiaro che Angela Merkel non potrà uscire dal summit prenatalizio con le mani vuote.

La strategia è dunque quella di mettere contemporaneamente sul fuoco altra carne, a partire dai contratti bilaterali di stabilità, con cui Berlino vuole dare alla Commissione il potere di controllare preventivamente, ed eventualmente orientare, le decisioni di politica economica e fiscale degli Stati meno disciplinati. Una questione che alla Merkel sta forse più a cuore degli aiuti alle banche e che in pochi mesi è già riuscita ad imporre nell'agenda dei vertici europei con l'obiettivo di portare a casa un risultato entro la fine dell'anno.

L'idea piace poco ai Paesi del Sud Europa, ma la sensazione è che i margini di trattativa sul punto siano assai sottili. Non è un caso che ieri, in un'intervista sul Sole 24 Ore, il ministro delle Politiche europee, Enzo Moavero, abbia cercato di depotenziarne la portata devastante in termini di nuovi vincoli, spiegando che i contratti tutto sommato non sono altro che uno stimolo aggiuntivo a fare quelle riforme che devono essere fatte e che il governo italiano ha già programmato. E a chi si preoccupa che i patti bilaterali diventino un'altra gabbia per i Paesi già sotto schiaffo sui conti, Moavero ha escluso che la misura possa applicarsi nei confronti di chi è già oggetto di una procedura di infrazione. Il che renderebbe quindi l'Italia, appena uscita dalla procedura, un candidato perfetto.

Guadagnare qualche giorno consentirebbe, infine, alla Merkel di incassare i risultati del referendum della Spd, previsti per questa settimana, e di insediarsi alla guida del governo per presentarsi al tavolo delle trattative con tutta la forza di un Cancelliere al suo terzo mandato.
© Libero