domenica 1 dicembre 2013

Imu infinita, si paga pure la prima rata

Il cerchio si chiude. Dopo la beffa della seconda rata dell’Imu, la cui abolizione costringerà comunque una decina di milioni di famiglie a sborsare 250 milioni di gettito mancanti all’appello, il governo torna all’incasso pure sulla prima rata. La favola delle famose clausole di salvaguardia, inserite ormai dall’esecutivo con disinvoltura e ipocrita spensieratezza in ogni provvedimento di spesa, si è infranta ieri pomeriggio con il comunicato del ministero dell’Economia.

Così come previsto dal decreto di fine agosto per la cancellazione della tranche dell’imposta sulla casa e ribadito nel dl sulla seconda rata, il Tesoro ha fatto sapere di aver firmato il decreto ministeriale per aumentare ulteriormente dell’1,5% la quota degli acconti fiscali a carico delle imprese. Per quest’anno e per il prossimo. Il prestito forzoso chiesto al mondo produttivo sale così per il 2013 al 102,5% per tutte le aziende e al 130% (considerato l’aumento al 128,5% disposto per coprire parte della seconda rata Imu) per banche e assicurazioni. Per il periodo d’imposta 2014, invece, venendo meno gli altri incrementi una tantum, tutti i soggetti Ires calcoleranno l’acconto con una percentuale del 101,5%. Quota che per banche e assicurazioni sarà resa più pesante dal balzello aggiuntivo dell’8,5% contenuto nel dl Imu varato mercoledì scorso sotto forma di addizionale Ires (che sale così per il 2014 al 36%).
La nota diffusa dal dicastero guidato da Fabrizio Saccomanni si guarda bene dal nominare la clausola di salvaguardia, ma il riferimento normativo al comma 4 dell’articolo 15 del decreto 102 del 31 agosto ci riporta esattamente lì. Al giorno in cui il governo in conferenza stampa sbandierava con orgoglio di aver trovato le coperture per cancellare la seconda rata dell’Imu, sottolineando che la rete di salvataggio inserita nel testo era poco più di un obbligo formale nei confronti dei pignoli burocrati di Bruxelles, diffidenti per contratto.

La realtà è che la mossa di ieri ha definitivamente smascherato il grande bluff del governo Letta sull’abolizione dell’Imu senza nuove tasse. Abbiamo visto nei giorni scorsi come la seconda rata Imu sarà pagata per buona parte da banche e assicurazioni e per il resto dagli stessi proprietari delle prime case. Ora scopriamo che a farsi carico di circa la metà della prima rata saranno le imprese. Il buco che il governo conta di tappare con gli acconti riguarda infatti circa 1,5 miliardi sui 2 miliardi previsti per coprire il decreto di agosto. La fetta più grande, 925 milioni, sarebbe dovuta arrivare dall’extragettito Iva generato dalla restituzione di ulteriore 7,2 miliardi (oltre ai 20 già previsti per il 2013) di debiti della Pa verso le imprese. Peccato, come ha detto ieri la Cgia, che due giorni fa l’Economia ha certificato che ne sono stati pagati poco più di 2 miliardi (il 28%). Altri 600 milioni erano previsti con la maxi sanatoria sulle slot machine, misura sin dall’inizio considerata a rischio: l’asticella sarebbe finora bloccata a 340 milioni. Di qui lo sblocco della clausola, che porterà risorse ingenti nelle casse dello Stato. Basti pensare che l’aumento degli acconti dal 100 al 101% è stato usato a giugno per coprire il miliardo di euro dello slittamento dell’Iva per tre mesi.
Visto l’andazzo, la leader della Cgil, Susanna Camusso non ha dubbi: «L’unica cosa seria sarebbe rimettere l’Imu». Come se non bastasse dai Caf arriva l’allarme ingorgo fiscale: «La confusione generata dalle norme a ridosso delle scadenze darà il via a un enorme contenzioso tra contribuenti e amministrazioni locali».

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