domenica 1 dicembre 2013

Saccomanni scatenato: un condono per lo Stato

Mentre gli italiani dovranno tornare alla cassa per l’Imu, alla faccia dell’abolizione promessa, il governo si fa un bel condono edilizio a suo uso e consumo. È questa l’ultima novità emersa dal diabolico decreto che fa rientrare dalla finestra l’imposta municipale unica per 10 milioni di italiani. Lo scopo è sempre quello di fare cassa, ma in questo caso non a spese dei contribuenti. La norma riguarda infatti «la valorizzazione degli immobili pubblici, in relazione ai processi di dismissione finalizzati ad obiettivi di finanza pubblica».
Buoni propositi, dunque, su cui, però, il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, visto il fallimento dei numerosi tentativi fatti finora e l’assoluta necessità di recuperare risorse per far quadrare i conti, ha deciso di mettere da parte gli scrupoli istituzionali.

Di qui la norma inserita di soppiatto in un provvedimento interamente dedicato all’abolizione dell’Imu e alla rivalutazione delle quote di Bankitalia, necessaria a far ingoiare alle banche i maxi aumenti degli acconti per coprire finanziariamente il provvedimento.
La sorpresina è contenuta nell’articolo 3. Il testo prevede che «le disposizioni di cui al comma 6 dell’articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 si applicano anche alle alienazioni di immobili di cui all’articolo 11–quinquies del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito in legge 22 dicembre 2005, n. 248». Un ingarbuglio di riferimenti normativi la cui traduzione, però, non è così complicata. La legge 47 dell’85, infatti, altro non è che il primo condono edilizio della storia italiana, quello firmato dall’allora ministro dei Lavori pubblici, Franco Nicolazzi, durante il governo Craxi.

Il provvedimento rappresenta il modello, completo e mai superato, a cui nel corso degli anni si sono agganciate tutte le sanatorie in campo edilizio. A partire da quelle, contestatissime, varate in diverse occasioni sotto i governi Berlusconi. Mentre in quei casi, però, si trattava di condoni rivolti ai privati, in questo caso la norma salva abusi riguarda solo le proprietà dello Stato. Il decreto 203 del 2005, citato da Saccomanni, è infatti quello che permette l’Agenzia del demanio a vendere a trattativa privata gli immobili pubblici a valori di mercato. La sostanza è che per il patrimonio dello Stato, e solo per quello, si riaprono i termini del vecchio condono Nicolazzi. Con una finestra molto ampia concessa all’acquirente. La domanda di sanatoria, si legge nel testo, «può essere presentata entro un anno dall’atto di trasferimento dell’immobile».

Le altre novità riguardano la destinazione d’uso, potranno essere venduti anche immobili a «uso non prevalentemente abitativo» e allarga l’operazione anche «agli immobili degli enti territoriali».
La mossa di Saccomanni è ovviamente volta a facilitare il processo di dismissione e a spuntare un prezzo migliore sulla vendita, considerato che gran parte degli immobili dello Stato sono viziati da irregolarità edilizie. Detto questo anche il Salva Italia di Monti contiene un consistente pacchetto di norme dedicato alle dismissioni, ma senza condoni. Per trovare un altro tentativo simile, che peraltro non portò a grandi risultati, bisogna tornare al 1996, alla finanziaria del primo governo Prodi.

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