martedì 11 aprile 2017

Via all'infornata di statali per gli enti locali. Padoan fa quadrare i conti col trucco

No a tasse, nuovo catasto e privatizzazioni. Via libera, invece, ad investimenti, misure per la crescita e all’ennesima infornata di statali. A poche ore dalla riunione del Consiglio dei ministri, che dovrà alzare il velo sul pacchetto di provvedimenti messo a punto dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, l’ex premier Matteo Renzi detta la linea dagli studi di Porta a Porta. «Non solo do una mano a Gentiloni, ma faccio il tifo per lui», ha assicurato il leader del Pd, spiegando, però che la manovra correttiva è dovuta alla scelta del governo di piegarsi ai diktat della Ue. «Qualcuno dice che abbiamo lasciato un buco di 3 miliardi», ha detto, «ma è il governo che ha scelto di dare un messaggio all’Europa di rigore sui conti, noi abbiamo lasciato un tesoretto da 47 miliardi».

I DIKTAT DI RENZI
Messa in chiaro la responsabilità sulla manovrina, malgrado anche ieri il premier Paolo Gentiloni sia tornato a chiedere alla Ue di «accompagnare la crescita con un aggiustamento strutturale del patto di stabilità», Renzi ha continuato a demolire la linea del governo, bocciando l’idea del catasto («fare la riforma oggi non ha senso») e stoppando le privatizzazioni («bisogna decidere caso per caso e per i treni dei pendolari prima di privatizzare bisogna evitare i carri bestiame»). Quanto alle tasse, «i nostri parlamentari hanno fatto bene a dire no», ha spiegato l’ex premier, sottolineando l’operazione «commissariamento» avviata dai gruppi del Pd per indirizzare il lavoro del ministro Padoan.
Una camicia di forza che ha reso complicato il cammino dei documenti economici. Non tanto del Def, già in ritardo rispetto alla scadenza del 10 aprile, quanto della manovra correttiva, su cui fino a ieri mattina circolava l’ipotesi di uno slittamento. Al Cdm di oggi, ha invece annunciato il dg dell’Economia, Fabrizio Lapecorella, «verrà approvato un articolato provvedimento che non solo conterrà la manovra di aggiustamento, ma sarà integrato con misure a favore dei territori colpiti dal sisma, con misure che riguarderanno la finanza degli enti locali e misure per la crescita». Su quest’ultimo fronte ci saranno semplificazioni e interventi a costo zero per le imprese, mentre per il terremoto sarà varata la prima tranche da 1 miliardo del fondo triennale.
SALTA IL TURN OVER
Quanto agli enti locali, si va verso lo sblocco del turn over per i comuni, che passerà dall’attuale 25% al 75%, con picchi del 100% per i piccoli centri, così come chiesto dall’Anci per consentire la riapertura delle assunzioni.
Sulla correzione, però, i tecnici stanno ancora tentando di trovare la quadra e non è escluso che il provvedimento venga approvato salvo intese, per consentire successive correzioni. Tra le ipotesi  al vaglio per raggiungere la soglia dei 3,4 miliardi c’è quella di utilizzare una quota dell’extra gettito Iva (almeno 1 miliardo) proveniente dalla lotta all’evasione del 2016. Ma la misura dovrà essere concordata con la Ue.
Bruxelles ha invece già dato il via libera all’estensione dello split payment alle partecipate pubbliche, da cui si punta ad incassare un altro miliardo. Altri 500-600 milioni dovrebbero arrivare da un taglio semi-lineare ai ministeri e circa 200 milioni dall’aumento delle accise sulle sigarette. Attesa anche una stretta sui giochi per circa 600 milioni. Allo studio, infine, la rottamazione delle liti tributarie e la possibilità di utilizzare una parte del gettito del condono Equitalia.
Nel Def, invece, troveranno spazio le misure sulla povertà, con un potenziamento del reddito di inclusione per chi perde il posto. Poi misure per la concorrenza, semplificazione della giustizia civile e due interventi sul lavoro: riduzione del cuneo fiscale per i giovani under 35 e il completamente del jobs act con meno tasse per il secondo livello di contrattazione. C’è poi il quadro economico. L’istogramma del Mef prevede quest’anno una crescita attorno all’1,1%. Per prudenza potrebbe essere limato al numero tondo. Il deficit dovrebbe attestarsi al 2,1%, per effetto della manovra, mentre il debito avvierà la discesa dal 2018.


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