martedì 18 aprile 2017

Padoan: alzo l'Iva. Pensionati nei guai

Mentre il Def inizia il consueto giro di valzer parlamentare, con le prime audizioni, si riaffaccia lo spettro dell’aumento dell’Iva, che dopo essere stato tenuto fuori dalla manovrina a colpi di diktat renziani si prepara a rientrare dalla finestra in autunno, con la legge di bilancio.
L’ipotesi non ha ancora ricevuto il via libera del governo, ma è tra quelle sul tavolo. Questo. almeno, è quanto lascia intendere il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che in un’intervista al Messaggero nel giorno di Pasqua ha riaperto la strada al famoso baratto tra incremento della tassazione indiretta e riduzione del costo del lavoro di cui si era parlato nei mesi scorsi.

STANGATA «TECNICA»
Il responsabile di Via XX Settembre l’ha presa alla larga, spiegando che «lo scambio tra Iva e cuneo fiscale è una forma di svalutazione interna che beneficia le imprese». E ricordando che si tratta di «una ricetta classica» e «nelle scelte politiche non si possono ignorare gli aspetti tecnici». Poi, a domanda diretta, ha ammesso: «Diciamo che è un’opzione sostenuta da buone ragioni».
Ragioni che non si trovano solo nei manuali di finanza pubblica, come dice Padoan, ma nelle raccomandazioni di Bruxelles per i Paesi con squilibri macroeconomici eccessivi, come il nostro, e in tutte le missive fatte recapitare negli ultimi anni al governo dalla Commissione europea.

LA MINA CLAUSOLE
Il tema è noto. Solo che nel 2018 la questione si intreccia con le clausole di salvaguardia, che, in assenza di interventi, prevedono di recuperare 19,5 miliardi attraverso l’aumento dell’Iva dal 22 al 25% e dal 10 al 13%. Il governo è finora riuscito a disinnescare tutte le trappole disseminate nelle finanziarie degli anni precedenti, ma questa volta la coperta è cortissima e la pazienza europa sulla flessibilità sembra ormai esaurita. Anche perché l’Italia continua a rinviare la limatura del debito su cui Bruxelles ci tiene da tempo otto osservazione. E più il tempo passa, più invertire la rotta diventerà difficile. Nel focus del Def dedicato alla sostenibilità fiscale di medio periodo si legge che per raggiungere l’obiettivo debito/pil al 60% (come previsto dal fiscal compact) entro il 2013 sarebbe necessario un aggiustamento di circa 95 miliardi (il 5,6%). Un’operazione che viene indicata a forte rischio di sostenibilità, con un indicatore fermo al 3,9% rispetto ad una soglia fissata al 2,5%.
Viste le difficoltà contabili, a Via XX Settembre si è iniziata fare strada l’idea di neutralizzare solo parzialmente la clausola di salvaguardia e utilizzare il risparmio ottenuto per finanziare l’annunciato intervento sul cuneo fiscale. Una soluzione che non dispiace alla Ue e ai tecnici come Padoan, ma che piace pochissimo a Matteo Renzi, preoccupato delle ripercussioni politiche, considerato che gli aumenti scatterebbero proprio a ridosso della tornata elettorale.
Lo scenario ventilato da Padoan, che continua a sostenere che tutto si risolverà con la lotta all’evasione e, per mescolare un po’ le carte, ha anche riaperto il dibattito sul taglio dell’Irpef (per ora escluso dal Def), ha fatto saltare sulla sedia gli artigiani della Cgia di Mestre, che finirebbero stritolati dalla tagliola dell’Iva. L’operazione, secondo l’ufficio studi dell’associazione, sarebbe tutt’altro che a costo zero. «Se a seguito di un ’eventuale riduzione del costo del lavoro i vantaggi economici ricadrebbero su imprese e/o lavoratori dipendenti», spiega il coordinatore Paolo Zabeo, «il rincaro dell’Iva, invece, lo pagherebbero tutti. In particolar modo i più deboli, come i disoccupati, gli inattivi e i pensionati che, invece, dal taglio delle tasse sul lavoro non beneficerebbero, almeno direttamente, di alcun vantaggio».

REDDITI BASSI
In termini assoluti sarebbero i percettori di redditi più elevati ad essere maggiormente penalizzati dall’Iva, Ma calcolando l’incidenza percentuale dell’aumento sulla retribuzione netta di un capo famiglia si scopre che l’aggravio più pesante interesserebbe i percettori di redditi bassi e, a parità di reddito, le famiglie più numerose. Con aumento di un punto di Iva dal 22 al 23%, ha calcolato la Cgia, una famiglia di 3-4 persone suberre un aumento di imposta di circa 100 euro l’anno, «che avrebbe ripercussioni negative sui consumi interni del Paese, che costituiscono la componente più importante del nostro Pil».
L’esame nel Def entra oggi nel vivo, con le prime audizioni. Domani sfileranno davanti alle commissioni Bilancio Padoan, Bankitalia, Corte dei Conti e Ufficio parlamentare di bilancio. Ma i riflettori sono tutti puntati sul vertice tra il ministro dell’Economia e i gruppi del Pd, previsto sempre per mercoledì, dove partirà il duello politico sugli interventi e le coperture della manovra.

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